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Immobili, imponibilità Iva con l’acquirente soggetto passivo

La Corte di giustizia: il venditore potrà applicare l’imposta all’atto della compravendita dell'immobile a condizione che l’acquirente sia previamente registrato ai fini Iva

di Matteo Dellapina

La disciplina Iva nella vendita immobiliare torna alla ribalta grazie alla centralità della pronuncia resa dalla Cgue (Arvi, C-56/21, sentenza del 30 giugno 2022) che ha sottolineato un aspetto peculiare quale l’esercizio dell’opzione Iva, ossia l’assoggettamento della vendita all’imposta, a condizione che l'acquirente abbia acquisito la soggettività passiva in precedenza. Ossia se l’acquirente era già titolare di partita Iva, allora l’operazione risulterà imponibile, altrimenti no.

La pronuncia della Corte Ue

Entrando però nel dettaglio della pronuncia, si deve scandagliare quella che è la normativa Ue, ossia gli articoli 135 e 137 della direttiva Iva, che prevedono rispettivamente l’esenzione di determinate operazioni (tra cui quelle di cessione di fabbricati o porzioni) e il «diritto di imponibilità» riconosciuto dalla direttiva stessa agli Stati membri, consentendo di assoggettare a Iva determinate operazioni. In quest’ultimo caso, tra cui vi rientrano anche le cessioni di fabbricati o porzioni di essi, sempre gli Stati membri potranno anche determinare e stabilire le modalità di esercizio del diritto di opzione.

Nel caso in esame, il diritto lituano subordinava l’imponibilità Iva (quindi l’esercizio dell’opzione) su beni immobili, che per natura sono esenti dall’imposta, solo se il bene fosse stato venduto o ceduto a un soggetto passivo previamente registrato, ossia in un momento antecedente al compimento dell’operazione. Per l’appunto la vicenda traeva origine da un controllo fiscale eseguito dall’amministrazione lituana nei confronti di una società che, nell’ambito di una vendita immobiliare, aveva erroneamente applicato l’Iva.

A parere del Fisco l’operazione non era assoggettabile all’imposta sul valore aggiunto in quanto l’acquirente non era ancora registrata ai fini Iva: quindi la venditrice non poteva optare per l’imposizione dell’operazione e neppure fatturare l’Iva corrispondente a valle. Cosicché quest’ultima avrebbe dovuto, nella sua dichiarazione, rettificare l’importo dell’Iva detratta a monte.

La Corte di giustizia, investita del caso dopo il rinvio operato dal giudice nazionale, ha dichiarato espressamente che gli articoli 135 e 137 della direttiva Iva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che subordini il diritto di un soggetto passivo di optare per l’assoggettamento all’Iva della vendita di un bene immobile, alla condizione che tale bene sia ceduto a un soggetto passivo che, al momento della conclusione dell’operazione, fosse già registrato ai fini Iva.

Poi la Corte ha affrontato altre due questioni unitamente, ossia se vi sia un contrasto tra la direttiva Iva e una normativa nazionale in base a cui il venditore di un bene immobile sia tenuto a rettificare la detrazione dell’Iva pagata a monte su tale bene, in seguito al rifiuto di riconoscergli il diritto di optare per l’imposizione di tale vendita per il motivo che, alla data di quest’ultima, l’acquirente non soddisfaceva le condizioni previste per l’esercizio, da parte del venditore, di tale diritto. A parere dei giudici europei non si ravvisa tale contrasto.

Inoltre, sebbene l’uso effettivo dell’immobile da parte dell’acquirente nell’ambito dell’attività soggetta a Iva sia irrilevante, per la Corte le autorità competenti sono tenute a verificare l’eventuale esistenza di una frode o di un abuso in capo al soggetto passivo che abbia inteso esercitare il suo diritto di optare per l’imposizione dell’operazione in oggetto.

Il requisito in base al quale l’acquirente debba essere un soggetto passivo già registrato ai fini Iva, all’atto della vendita, affinché il venditore possa optare per l’imposizione dell’operazione, contribuisce alla tutela della certezza del diritto del prestatore, siccome gli consente di assicurarsi che potrà validamente esercitare il suo diritto di optare per l’imposizione e a garantire l’esatta riscossione dell’Iva. Ecco che un tale requisito è idoneo a realizzare l’obiettivo perseguito. Ciò non eccederebbe quanto necessario a tal fine, siccome consente di garantire che, prima della realizzazione dell’operazione che il soggetto passivo intende assoggettare a imposizione, in seguito all’esercizio del suo diritto di opzione, detto soggetto sia in grado di sapere se potrà validamente esercitare l’opzione, e ciò senza che egli stesso o l’amministrazione finanziaria debbano procedere a lunghe verifiche o ricerche sulla qualità di soggetto passivo dell’acquirente.

Il diritto a detrazione

Così a parere della Cgue, le autorità competenti non possono tener conto, al di là della circostanza che l’operazione sia o meno esente, di altre circostanze quali l’uso che l’acquirente abbia fatto del bene immobile. Infatti, l’elemento rilevante ai fini del diritto a detrazione e dell’eventuale obbligo di rettifica è la natura dell’attività per la quale il soggetto passivo venditore ha utilizzato il bene immobile in questione.

Tener conto, inoltre, al fine di determinare se vi sia o meno un’operazione soggetta a Iva, dell’uso che l’acquirente dell’immobile ne farà in seguito lederebbe il principio della certezza del diritto. Ciò è tanto più vero in quanto spetterebbe all’acquirente rettificare l’Iva detratta a monte se egli dovesse utilizzare il bene immobile per operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’Iva.

Un tale cambiamento di destinazione non può tuttavia comportare che la rettifica di una detrazione dell’Iva relativa a una cessione di beni o a una prestazione di servizi gravi su un soggetto passivo diverso da quello che ha effettuato la detrazione (Cfr. Cgue, Sögard Fastigheter, C-787/18, sentenza del 26 novembre 2020).

Nel caso affrontato l’uso che l’acquirente fa dell’immobile acquistato non potrà incidere sul diritto alla detrazione dell’Iva pagata a monte dalla venditrice al momento dell’acquisto di tale bene, in quanto si tratta di due operazioni distinte concernenti soggetti passivi distinti che svolgono ciascuno la propria attività economica.

In conclusione, nelle operazioni di vendita immobiliare, il regime di imponibilità Iva (o non imponibilità) segue anzitutto quanto dettato dalla direttiva Iva 2006/112, interpretata dalla Corte di Giustizia. Infatti, gli Stati membri hanno la facoltà di assoggettare a Iva, esercitando l’opzione dell’imponibilità, determinate operazioni che risulterebbero esenti, potendo altresì stabilire le modalità di tale diritto, restringendone addirittura la portata.

Questo è il caso della normativa Iva lituana che subordina l’assoggettamento a Iva di una vendita immobiliare alla previa registrazione dell’acquirente (ai fini Iva). Nel risolvere la vicenda sottopostale, la Corte di giustizia ha sancito che tale normativa nazionale non cozza con il diritto Ue, cosicché se il venditore vuole cedere un bene con l’applicazione dell’Iva dovrà sincerarsi che l’acquirente risulti già soggetto passivo. Altrimenti si tornerà nel regime dell’esenzione, con impossibilità di applicare l’imposta all’operazione.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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