Adempimenti

Banche e rischi Esg: piani d’azione alla verifica degli organi di controllo

Entro il 31 marzo l’esame dei documenti elaborati dagli intermediari finanziari

Nuove sfide per gli organi di controllo degli intermediari finanziari, chiamati entro il 31 marzo a verificare il Piano d’azione sui rischi climatici e ambientali. Sempre più consapevole della necessità di un modello di crescita sostenibile, integrato con i fattori Esg (Environment, social e governance), Banca d’Italia ha infatti chiesto agli intermediari di elaborare un Piano d’azione raccogliendo le iniziative per integrare tali rischi nei processi decisionali, negli assetti organizzativi e operativi, nei sistemi di controllo dei rischi, nonché nel “Risk appetite framework” (Raf).

La richiesta è più che attuale: dalla recente analisi svolta da Banca d’Italia su un campione di intermediari non bancari (documento del 10 gennaio 2023) e sulle banche less significant (documento del 24 novembre 2022), anche tramite l’invio di questionari di autovalutazione, è emersa una maggiore consapevolezza della rilevanza della sostenibilità nelle strategie di business; ma anche uno scarso livello di adeguamento alle “Aspettative” elaborate dalla stessa Banca d’Italia, in linea con analoghe iniziative della Bce, nel documento pubblicato lo scorso 22 aprile.

Il Piano d’azione dovrà dunque tenere conto delle citate Aspettative (ancorché non vincolanti), dare atto degli interventi programmati per colmare eventuali lacune emerse (anche) dall’autovalutazione, e specificare le priorità e i tempi necessari al completamento delle diverse iniziative, in considerazione dell’intensità di esposizione ai rischi e in funzione della dimensione e complessità dell’operatività aziendale.

Valutazioni e interventi

Riguardo ai rischi climatici e ambientali, le Aspettative fanno riferimento alla tassonomia adottata dalla Bce e dall’Eba: dai rischi di transizione legati all’investimento e al processo di trasformazione vanno perciò tenuti distinti i rischi fisici legati ai danni derivanti dall’impatto del cambiamento climatico.

La sfida più grande sembra essere l’individuazione dei rischi e la loro misurabilità, stante la scarsità dei dati a disposizione, le difficoltà nella valutazione delle “assurance” e delle informazioni provenienti da info provider terzi, nonché l’individuazione di Kpi (Key performance indicator) misurabili.

Gli intermediari sono già all’opera: come detto, Banca d’Italia si aspetta di ricevere entro fine mese i Piani d’azione approvati dal Consiglio di amministrazione, insieme alle valutazioni svolte dal collegio sindacale. A tal fine, gli organi di controllo dovranno innanzitutto verificare che il Piano tenga in considerazione le Aspettative e che individui interventi specifici atti a colmare le lacune identificate, specificando le priorità e i tempi necessari al completamento delle diverse iniziative. Va da sé che i soggetti obbligati, nell’ambito delle azioni richieste, potranno ricorrere al principio di proporzionalità, da declinare in funzione della complessità operativa, dimensionale e organizzativa, nonché alla natura dell’attività svolta.

Processi e flussi informativi

A questo esame va aggiunta l’attività di monitoraggio sulla realizzazione del Piano d’azione. Considerato che la verifica degli organi di controllo è esercitata, in primo luogo, attraverso l’esame delle informazioni acquisite, risulta fondamentale la creazione di flussi informativi adeguati, così da consentire all’organo di svolgere un controllo effettivo.

Merita altresì attenzione l’Aspettativa 12, che richiede l’adozione di infrastrutture, dati e processi di disclosure per comunicare le modalità di integrazione dei driver di rischio ambientale nella strategia aziendale, nell’organizzazione interna e nei sistemi di gestione del rischio, comprese le metriche usate per valutare i rischi climatici e gli obiettivi di sostenibilità.

Gli organi di controllo saranno pertanto tenuti a una duplice verifica: sull’idoneità dei processi adottati dall’istituto e sul rispetto degli obblighi di disclosure, ma anche sulla correttezza dell’informativa resa; informativa che potrà essere contenuta, ad esempio, nella rendicontazione finanziaria, nel “Pillar 3”, nella Dnf (dichiarazione non finanziaria), o ancora nella relazione sulla corporate governance.

Ciò anche tenuto conto del percorso di rafforzamento dell’informativa non finanziaria atta a favorire una maggior consapevolezza da parte degli stakeholder e degli obblighi informativi e di rendicontazione di sostenibilità previsti della direttiva “Corporate sustainability reporting directive” (Csrd), che il legislatore nazionale è chiamato a recepire entro il primo semestre 2024.

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