Imposte

Superbonus, crediti verso una nuova classificazione di bilancio

Dall’Istat in audizione diverse indicazioni che vanno nella direzione di un ritorno al passato

di Giuseppe Latour e Giovanni Parente

Si consolida l’ipotesi di un clamoroso ritorno al passato nella classificazione di bilancio dei crediti legati al superbonus e al bonus facciate. Più di un indizio in questo senso arriva dall’ultima audizione dell’Istat in commissione Bilancio alla Camera, il cui testo è stato appena acquisito nell’ambito dell’indagine conoscitiva sui crediti fiscali in corso a Montecitorio (si veda anche «Il Sole 24 Ore» del 25 maggio): dall’attuale classificazione dei crediti come “pagabili” si potrebbe tornare alla definizione di “non pagabili”, con i relativi effetti sui conti pubblici.

Un credito pagabile è destinato con un’alta probabilità ad essere incassato da chi lo detiene e va conteggiato tutto nel deficit dell’anno in cui si forma. Il credito non pagabile, invece, ha un alto grado di probabilità di non essere incassato: quindi, si conteggia secondo la sua rateizzazione annuale. Nel caso del superbonus, attualmente in quattro annualità. Proprio il cambio di classificazione di superbonus e bonus facciate, lo scorso febbraio, ha fatto esplodere la bolla dei crediti fiscali, che ha portato al blocco totale delle cessioni con il decreto n. 11/2023.

Analizzando il decreto Cessioni, l’Istat lascia ora aperta la strada a un nuovo cambio di direzione. E spiega: il blocco delle cessioni e dello sconto in fattura «introduce una novità normativa di grande rilievo che potrebbe incidere significativamente sulla modalità di fruizione del superbonus. Infatti, la piena operatività del blocco renderebbe di fatto impraticabile l’opzione dell’utilizzo alternativo alla detrazione». In questo modo diventerebbe «verosimile la perdita dell’agevolazione (in tutto o in parte) da parte del beneficiario. In una tale prospettiva, verrebbero meno due delle caratteristiche cruciali per la classificazione del credito come pagabile nell’ambito dei Conti nazionali (ossia la trasferibilità e l’utilizzo in compensazione fiscale)».

La decisione dipenderà dall’andamento concreto dell’utilizzo dei crediti fiscali nel corso del 2023: una prima indicazione potrebbe essere contenuta nella nota di aggiornamento al Def a settembre, mentre l’Istat potrebbe dare la sua indicazione nella primavera del 2024, quando comunicherà il dato sul deficit del 2023. Se il decreto n. 11/2023, all’atto pratico, avrà avuto l’effetto di ridurre le possibilità di liquidare i bonus, scatterà una riclassificazione che, adesso, appare probabile. D’altronde, anche Eurostat, a fine marzo, in una lettera diretta proprio all’Istat aveva spiegato che il decreto Cessioni «potrebbe modificare la natura del superbonus 110%», dal momento che «i crediti d’imposta sorti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto potrebbero essere considerati non esigibili, data l’elevata probabilità di perdita». La decisione, comunque, non avrà impatti sul debito pubblico, che resta invariato. A cambiare potrebbe essere il deficit del 2023: con una classificazione diversa si potrebbero liberare risorse per gli anni successivi.

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