Controlli e liti

Indebito utilizzo del bonus ricerca, sanatoria non coordinata con il contenzioso

Non è chiaro cosa possa accadere al contribuente che ha avviato un contenzioso contro l’avviso di recupero del credito, se decide di aderire alla sanatoria

di Paolo Speciale e Andrea Taglioni

La regolarizzazione degli indebiti utilizzi in compensazione del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo impone di valutare le problematiche derivanti dalla mancanza di norme di coordinamento con gli aspetti processuali che potrebbero emergere a seguito della presentazione dell’istanza, in tutti quei casi in cui sia stato impugnato innanzi alla competente Commissione tributaria l’atto di recupero del credito di imposta.

L’articolo 5, commi 7-12, del Dl 146/2021, nel disciplinare il riversamento degli indebiti utilizzi dei crediti d’imposta Ricerca & Sviluppo, non prevede nessuna norma che coordini la sorte dei contenziosi in corso con l’eventuale adesione del contribuente alla sanatoria; non è stata prevista una sospensione dei termini processuali, nonostante la norma abbia anche finalità deflattive del contenzioso.

Gli aspetti controversi

La possibilità di scomputare dall’importo dovuto soltanto le somme già versate senza tener conto di sanzioni e interessi e la possibilità di poter rateizzare l’importo del credito di imposta da riversare unicamente qualora l’atto di recupero non definitivo o Pvc siano stati notificati successivamente alla data del 22 ottobre 2021, non sono le uniche questioni che andrebbero corrette e che creano perplessità.

Il primo giugno scorso è stato emanato il provvedimento del direttore di agenzia delle Entrate (con annessi modello e istuzioni) che ha specificato gli adempimenti e la regolamentazione dell’accesso alla sanatoria. Dall’analisi delle disciplina ad oggi disponibile risulta che il principale e più delicato tema attiene all’assenza di un coordinamento, sotto l’aspetto processuale, della nuova disposizione agevolativa con gli effetti e le conseguenze che ricadranno in capo al contribuente che avendo avviato un contenzioso dovesse aderire alla definizione agevolata con il riversamento del credito di imposta.

La norma sul riversamento non si limita a disciplinare semplicemente le ipotesi in cui non è possibile la regolarizzazione ma, prevede, anche, il potere in capo all’agenzia delle Entrate di respingere la domanda di sanatoria ove dovesse ritenere che ricorre almeno uno dei casi di esclusione dalla procedura di riversamento spontaneo (punto 2.2 del provvedimento delle Entrate del 1° giugno); in tal caso «il contribuente decade dalla procedura, la richiesta non produce effetti» e «le somme già versate si considerano acquisite a titolo di acconto sugli importi dovuti». Si pensi al contribuente che nelle more del giudizio decidesse di usufruire della sanatoria; lo stesso dovrà realizzare tutti i necessari adempimenti previsti, ivi compreso il riversamento del credito di imposta, sapendo però che il giudizio tributario avrà il suo ordinario decorso, non essendo prevista dalla norma agevolatrice né la sospensione dei termini processuali né l'obbligo di informare i collegi giudicanti dell’avvenuta adesione alla sanatoria. Inoltre risulterà di assoluta difficoltà uniformare le scelte processuali con la tempistica che governa l’adesione alla sanatoria poiché non vi è nessun termine entro il quale l’Agenzia deve comunicare la decadenza dalla procedura né, tanto meno, sono previste le modalità con cui questa viene esercitata e se possa essere oggetto di impugnazione dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. La mancanza di un termine entro cui notificare il mancato perfezionamento della procedura esporrebbe oltretutto il contribuente all’indefinita soggezione del poter di accertamento.

La probabile conseguenza di questo vuoto legislativo è che il contribuente, parte del giudizio, è costretto a formalizzare nei confronti della propria controparte processuale, agenzia delle Entrate, la propria “resa”, riversando l’ammontare del credito oggetto di giudizio, con il rischio che le Entrate non ritenga valida l’adesione alla sanatoria e che non accetti la chiusura della lite tributaria insistendo quindi anche per il pagamento delle sanzioni e degli interessi maturati. È evidente che tali incertezze peseranno anche nelle valutazioni che l’agenzia delle Entrate svolgerà per ammettere o meno il contribuente alla sanatoria.

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