Imposte

Reverse charge, perimetro incerto per il gioco delle deroghe nella Ue

L’obbligo generalizzato c’è solo su servizi internazionali e acquisti intracomunitari. In casi come l’ingrosso di cellulari e tablet ci sono misure solo facoltative

di Marco Magrini e Benedetto Santacroce

Il perimetro delle operazioni Iva sottoposte al regime del reverse charge muta nel tempo a causa dei fenomeni di frode che vuole colpire. Ciò ha creato e crea, tuttora, una serie di problemi applicativi ai contribuenti, che le numerose pronunce in materia non hanno assolutamente risolto.

Inoltre, questa regola non è sempre obbligatoria a livello unionale. L'obbligo dell'inversione contabile esiste per le prestazioni di servizio internazionali per le quali la regola di tassazione pone l'onere sul committente, analogamente agli acquisti intracomunitari. Altre misure sono facoltative e temporali: si pensi a quelle adottate in base all'articolo 199-bis della direttiva Iva e prorogate nel 2022 al 31 dicembre 2026, ad esempio per la cessione non al dettaglio di telefoni cellulari, console da gioco e tablet.

Altre fattispecie non soffrono degli stessi limiti temporali perché soggette a deroghe specifiche, come quelle previste dall'articolo 17, comma 6, lettera a-ter) del Dpr 633/1972 per i servizi di pulizia o di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relativi ad edifici. Queste ultime fattispecie hanno posto non pochi problemi di applicabilità o meno, in caso di operazioni complesse o per l'installazione di impianti industriali.

Altre ancora aspettano da anni l'approvazione di Bruxelles e sono non operanti, quali le operazioni di cui all'articolo 17, comma 6, lettera a-quinquies) per l'applicazione del reverse charge alle prestazioni di servizi tramite contratti di appalto e subappalto caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi dei committenti con utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente.

Insomma, una vera e propria giungla dove il contribuente fatica a districarsi nello scegliere se dare luogo o meno all'adempimento e rischia di subire sanzioni.

L'istituto determina, in deroga al normale funzionamento dell'imposta e per rispondere, per lo più ad esigenze di controllo e di contrasto a fenomeni di frode, uno spostamento del debito Iva dal cedente al cessionario con il trasferimento a quest'ultimo di tutti gli obblighi di liquidazione e gestione dell'imposta. In pratica, il fornitore del bene o servizio emette la fattura relativa alla singola operazione senza applicazione dell'Iva e il cliente deve andare a liquidare l'imposta registrando la transazione sia a debito (registro vendite) che a credito (registro acquisti). In questo modo si evita che il cessionario committente possa detrarre l'imposta anche nel caso in cui il cedente non provveda al relativo versamento.

Attenzione, però. C’è il rischio che il difficile inquadramento delle fattispecie porti il cedente ad esporre in fattura l'Iva anche se l'operazione è soggetta ad inversione contabile ovvero a non esporla anche se il reverse charge non deve trovare applicazione. Per la fattispecie, l'articolo 6 del Dlgs 471/1997 prevede specifiche sanzioni. In particolare, il comma 9-bis1 prevede una sanzione fissa per il caso in cui in presenza di un'operazione a reverse charge il cedente abbia applicato e versato l'imposta e il cessionario l'abbia detratta, senza limitazione di quest'ultimo diritto.

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