Controlli e liti

Distinzione tra metodo analitico e induttivo figlia di un formalismo superato

di Massimo Basilavecchia

La partita dell’accertamento nei prossimi anni si giocherà soprattutto sulla capacità delle Entrate di governare un’economia sempre più affidata a percorsi digitali, e dunque meno agevolmente collocabile sul piano territoriale. Controllo e analisi del web, cooperazione internazionale, utilizzo dell’intelligenza artificiale sono i temi che si stanno imponendo e ai quali occorrerà fornire risposte adeguate.

È naturale allora interrogarsi sulla necessità/opportunità di riformare le regole base risalenti ormai, nella struttura, a cinquant’anni fa, così da realizzare un sistema più coeso e sistematico rispetto all’attuale previsione puntuale di singoli elementi di garanzia, riferibili ad aspetti tra loro distanti del rapporto fisco-contribuente.

Sono necessari significativi interventi di riforma? La risposta è solo in parte positiva. Rispetto ai nuovi temi, discutere dei presupposti dell’accertamento analitico o del metodo induttivo ha un valore relativo, nel senso che la modernizzazione dei testi sull’accertamento è auspicabile, ma non decisiva. Questo non comporta che ipotesi di riforma del Dpr n. 600/73 o dello Statuto dei diritti del contribuente siano inutili; tutt’altro; alcune innovazioni sono anzi indispensabili o quanto meno auspicabili per fare chiarezza su aspetti importanti: andrebbero meglio definiti i risultati delle indagini finanziarie nell’ambito dei metodi di accertamento, il ruolo e gli effetti degli avvisi bonari, la pluralità di atti di accertamento, andrebbe attenuata l’ormai anacronistica distinzione tra metodo analitico e metodo induttivo, basata su un formalismo ormai superato nei fatti e spesso foriera di disparità di trattamento.

Tuttavia, l’assestamento fondamentale va trovato sul piano applicativo; giurisprudenza e prassi delle agenzie devono recuperare un migliore equilibrio tra anelito alla “giustizia contributiva” direttamente orientato dall’articolo 53 della Costituzione (secondo la via aperta dalle famose sezioni unite del dicembre 2008 sul fondamento costituzionale del contrasto all’elusione) e recupero della mediazione del tessuto legislativo ordinario, troppe volte svalutato in favore della ricerca di una generica “ricchezza” tassabile ma non dichiarata.

In definitiva, rispetto al tessuto dei testi base sull’accertamento, nelle imposte sui redditi e nell’Iva, potrebbe essere sufficiente la riscrittura delle sole regole non più adeguate, conservando le linee di fondo; queste ultime, infatti, segnano i limiti dell’attività di recupero e il raccordo degli accertamenti (anche presuntivi) con la normativa sostanziale ed è auspicabile, anzi, che la giurisprudenza torni a valorizzarle e a comprenderne le ragioni.

Nel futuro probabilmente tornerà a imporsi la necessità di regimi semplificati per imprese e autonomi e saranno importanti, da un lato, la presenza sul territorio delle amministrazioni finanziarie, anche attraverso controlli brevi con possibili riconoscimenti premiali, e dall’altro un equilibrio tra poteri istruttori, che rivolti alla comunicazione via web, e diritti fondamentali.

La difficoltà di reperimento della materia imponibile e il conseguente prevedibile ricorso ad attività istruttorie invasive e a ricostruzioni presuntive impongono un potenziamento delle regole fondamentali nello sviluppo del rapporto fisco contribuente; lo Statuto dei diritti del contribuente ha posto basi essenziali, che dopo vent’anni meritano adeguamento e potenziamento soprattutto nella disciplina del procedimento e degli atti impositivi.

La recente circolare n. 4/21 delle Entrate, ad esempio, dimostra che sul tema dell’obbligo e del potenziamento del contraddittorio c’è una convergenza di vedute rispetto alla quale solo la giuriprudenza resta in retroguardia. In un sistema che fa dell’informazione al contribuente, prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, il modo naturale di sviluppo della compliance, è intollerabile la disparità di trattamento a danno di chi ancora riceve direttamente l’atto impositivo senza preventivi contatti con l’amministrazione; le prospettive di ricorso ad algoritmi accrescono l’esigenza di informazione e partecipazione del contribuente. Va dunque garantito un contraddittorio obbligatorio, informato e incisivo, che porti, in mancanza di definizione consensuale, a un atto impositivo motivato, non suscettibile in sede processuale di integrazioni o modifiche.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©