Imposte

Split payment e reverse charge zavorre della neutralità dell’Iva

Cinquanta anni fa il recepimento in Italia della normativa Iva. Occorre rivedere i casi di esenzione che si trasformano in indetraibilità sugli acquisti

del Comitato scientifico del Modulo 24 Iva

Il cinquantesimo anniversario del recepimento in Italia dell’Iva (il Dpr n. 633 è datato 26 ottobre 1972), principale imposta di stampo unionale, costituisce l’occasione non solo per un bilancio, ma forse meglio per un rilancio dello specifico sistema con l’indicazione per il nuovo governo delle scelte da fare e per chi è preposto all’interpretazione per un impegno di uniformità che dia agli operatori e a tutti i contribuenti maggiori certezze.

L’Iva è un’imposta che per le sue caratteristiche (struttura plurifase con individuazione del debitore dell’imposta nel fornitore e del prefinanziatore della stessa da parte del cliente, con incisione finanziaria sul consumatore finale) offre allo Stato un gettito costante, un meccanismo di controllo basato sulla contrapposizione degli interessi in gioco e, in forza del principio di neutralità, un impatto minimale sugli operatori economici.

In effetti, proprio questo ultimo aspetto è stato nel tempo non del tutto rispettato sia dal legislatore nazionale e unionale, che dalla giurisprudenza, che in diverse occasioni, in nome di una volontà di combattere l’ingente evasione riscontrata, hanno, in modo più o meno evidente, calpestato i diritti dei contribuenti e i principi fondamentali dell’imposta.

Ora è il momento di impegnarsi tutti a verificare nei fatti la tenuta del sistema con interventi mirati che, perfezionando alcuni istituti siano in grado di ripristinare lo spirito originario dell’Iva. In particolare, noi stiamo assistendo negli ultimi anni e, non solo in Italia, ad uno sforzo dei governi di introdurre, aiutati in questo dalle nuove tecnologie, strumenti di controllo telematico delle operazioni poste in essere dagli operatori economici. Sicuri esempi sono l’introduzione in Italia della fattura elettronica (ora in corso di introduzione in diverse giurisdizioni europee – Francia e Germania in testa), l’entrata a regime della trasmissione telematica dei corrispettivi e del monitoraggio delle transazioni con l’estero, nonché la previsione, dal 2023, oltre ai registri anche della dichiarazione Iva precompilata.

Proprio questi strumenti di compliance devono essere però forieri del superamento definitivo dell’istituto dello split payment (istituto che per dichiarazione dello stesso Stato italiano dovrebbe morire il 30 giugno 2023) e della drastica riduzione dell’utilizzo del reverse charge (trasferimento del debito dal fornitore al cliente). Già queste due mosse potrebbero contribuire a ripristinare l’osservanza del principio di neutralità dell’imposta evitando agli operatori la rincorsa ad un credito Iva ancora difficile da ottenere, considerate le limitazioni (ora meno gravi) del ricorso alla compensazione orizzontale.

Sempre sul piano normativo bisognerebbe riprendere a livello unionale la riforma dei servizi erogati dagli enti pubblici ovvero rivedere le ipotesi di esenzione che si trasformano per lo più in una indetraibilità dell’Iva sugli acquisti senza un reale beneficio per il consumatore finale (forse un’aliquota ridotta sarebbe più efficace).

Un ulteriore sforzo è da realizzarsi sul piano interpretativo. Sempre più spesso si assiste ad interpretazioni non conformi ai principi unionali ovvero non in linea con le pronunce della Corte di giustizia.

Ad esempio, sarebbe importante evitare di recuperare l’Iva assolta dal cliente nel caso in cui il cedente non abbia versato l’imposta (principio ribadito di recente dalla Corte di giustizia causa C-227/21) ovvero prevedere un congelamento dell’Iva a credito nel caso in cui il contribuente avesse definito un suo debito verso l’erario con apposito accordo con il fisco e con la previsione di una relativa rateazione (si vedano in proposito le istruzioni al quadro VQ della dichiarazione Iva). Ovvero incidere sulla formazione della base imponibile su cui applicare l’imposta tenendo conto dell’intenzione del cessionario di utilizzare un credito in sofferenza (ris. 79/E/2021).

Sul piano accertativo lo sforzo dell’amministrazione in linea con gli insegnamenti della corte di giustizia dovrebbe essere diretto non solo a rettificare la posizione del contribuente verificato, ma anche nel ripristinare il corretto funzionamento dell’imposta evitando fenomeni di doppia imposizione (si veda da ultimo Corte di Giustizia Ue, decisione nella causa C-696/20).

Sul piano delle riforme (e qui è l’impegno che si chiede all’esecutivo) è necessario dare seguito alla costruzione di un testo unico Iva che tenga conto della rifusione della sesta direttiva (dir 2006/112/CE), modificando l’impianto alla luce dei più recenti orientamenti unionali.

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