Adempimenti

Fissati i criteri che fanno revocare le licenze fiscali ai depositi non operativi

La direttoriale delle Dogane lascia discrezionalità alle valutazioni degli uffici

Revoca della licenza fiscale per i depositi di capacità inferiore a 10.000 metri cubi che non sono operativi per un periodo superiore a sei mesi consecutivi. Per verificare in concreto l’inoperatività, facendo seguito alle disposizioni di legge ex articolo 1, comma 1078, legge 178/2020, l’agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Adm) ha emanato ieri l’attesa Direttoriale 392138/22, con la quale ha fornito alle imprese i criteri che verranno seguiti per considerare realizzata la fattispecie di revoca.

Per la norma primaria, le autorizzazioni fiscali sono revocate in caso di inoperatività del deposito, prolungatasi per un periodo non inferiore a sei mesi consecutivi e non derivante da documentate e riscontrabili cause oggettive di forza maggiore, con la precisazione per cui, con provvedimento del direttore dell’Adm, sono determinati gli «indici specifici da prendere in considerazione ai fini della valutazione della predetta inoperatività in base all’entità delle movimentazioni dei prodotti, rapportata alla capacità di stoccaggio e alla conseguente gestione economica dell’attività del deposito».

La norma ha introdotto, per le ormai consuete finalità antifrode, un perimetro molto scivoloso perché, in primo luogo, esistono molte, varie e variabili casistiche (economiche, finanziarie, geografiche, stagionali, contingenti, generazionali, commerciali, eccetera) per cui un deposito può essere momentaneamente fermo; in secondo luogo, si deve osservare che, con estremo e forse non poi così giustificato rigore, alla revoca per tali ipotesi segue la decadenza dalle autorizzazioni amministrative, terreno questo giuridicamente tutto da esplorare, ma che potrebbe comportare la pretesa necessità di smantellare gli impianti.Ad ogni modo, in questo contesto si inserisce la Direttoriale in esame, avente carattere procedimentale e sostanziale, anche con garanzie rilevanti per il contribuente.

Anzitutto, è posto in capo agli operatori l’onere, in caso di sospensione per «motivate condizioni esterne» o «forza maggiore», di comunicare tale eventualità all’autorità doganale, che tuttavia ne verifica la sussistenza. Qui sta però un primo punto di dubbia discrezionalità cui segue, per un tempo non normato ed in caso di positiva valutazione, la sospensione delle licenze.

Nel merito, sono enumerati sei indici di inoperatività, molto diversi tra loro. Si annoverano anzitutto i casi di depositi abbandonati, non presidiati, non riceventi prodotto, assenti di requisiti tecnici ed organizzativi minimi (contratti, utenze, collegamenti informatici, eccetera); a questi si aggiunge però il molto discusso «indice di rotazione», deciso in un quantum di rotazione mensile inferiore a 0,02, per ciascun prodotto energetico detenuto nel deposito, eccetto il Gpl. La soglia è effettivamente bassa, ma al suo realizzarsi consegue, forse anche oltre il dato di legge, un’analisi molto valutativa di tipo economico, operativo, reddituale e di marginalità, già discutibilmente prevista per le volture ed ora portata anche sul tema della razionalizzazione del sistema derivante dall’inoperatività di alcuni depositi.

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