Adempimenti

I modelli aziendali per la gestione uniforme al vaglio della Transizione ecologica

Entro mercoledì 1° giugno i «soggetti sottoposti a regimi di responsabilità estesa del produttore»(Epr) istituiti prima del 26 settembre 2020 devono comunicare le modifiche statutarie

di Paola Ficco

Entro mercoledì 1° giugno i «soggetti sottoposti a regimi di responsabilità estesa del produttore»(Epr) istituiti prima del 26 settembre 2020 devono comunicare al ministero della Transizione ecologica le modifiche statutarie per iniziare l’interlocuzione istituzionale tesa a verificare il corretto adeguamento, entro il 5 gennaio 2023, al nuovo corso tracciato dagli articoli 178-bis e 178-ter e 237, Dlgs 152/2006. Lo stabilisce l’articolo 6, comma 1, Dlgs 116/2020 per rendere i regimi Epr esistenti il più possibile uniformi tra loro e a quelli futuri. L’articolo 237 del Dlgs 152/2006 dispone che «i sistemi collettivi già istituiti si conformano ai principi e criteri» Epr di cui agli articoli 178-bis e 178-ter ancora entro il 5 gennaio 2023. Quindi, le due norme estendono l’obbligo di adeguamento a tutti: sistemi collettivi o individuali nonché sistemi autonomi (a loro volta individuali e collettivi). Purché istituiti entro la data di entrata in vigore del Dlgs 116/2020 (26 settembre 2020). Restano ferme le previsioni sui costi di gestione per alcune filiere (veicoli fuori uso, apparecchiature elettriche ed elettroniche, pile e batterie)

Ma per essere pronti entro il 5 gennaio 2023, tutti questi soggetti comunicano entro il 1° giugno 2022 al ministero della Transizione ecologica le modifiche dei vari statuti. Nei 60 giorni successivi a tale comunicazione, il ministero può indicare le modifiche ulteriori da inserire entro i trenta giorni successivi.

In difetto di adeguamento o con modifiche ritenute non adeguate, il ministero «apporta d’ufficio le modifiche necessarie» entro trenta giorni dalla comunicazione di mancato adeguamento o di modifica di quanto proposto. Se il ministero tace, vale la regola del silenzio-assenso e lo statuto si intende approvato (articolo 6, comma 4, Dlgs 116/2020).

Il principio europeo “chi inquina paga” ha fornito un imperativo d’azione morale e giuridico e ora, mediante i regimi Epr, si ridefinisce come strumento di prevenzione e non solo riparazione. L’Italia non è nuova all’esperienza dei regimi Epr, ma serve uniformità perché si presentano diversi livelli di condotta; infatti, per i beni rappresentati da veicoli fuori uso, pile e accumulatori, apparecchiature elettriche ed elettroniche e imballaggi, mediante apposite direttive, puntualmente recepite nell’ordinamento italiano, tale condotta si è fondata sul soddisfacimento da parte dei produttori dell’obbligo di farsi carico dei relativi rifiuti (ancora non del tutto per i veicoli).

Tuttavia, poiché le norme europee non hanno imposto «come» organizzare il sistema collettivo o individuale, con quelle italiane si è andati in ordine sparso.

Sui fronti di pneumatici, oli minerali e vegetali usati, polietilene nessuna direttiva si è occupata dell'Epr ma le norme nazionali (articoli 228, 216-bis e 236, 233 e 234, Dlgs 152/2006) sono intervenute affinché questo accadesse in anticipo rispetto al dato europeo. Il tutto ha prodotto velocità diverse, ma ora l’articolo 8-bis, direttiva 2008/98 (modificata dalla direttiva 2018/851) prevede alcuni requisiti minimi generali.

Il recepimento italiano mediante l’articolo 178-bis, Dlgs 152/2006 (modificato dal Dlgs 116/20202), rinviando a decreti ministeriali per l’istituzione del regime Epr, indica la base non negoziabile per creare un orizzonte omogeneo. Sistemi diversi con forme giuridiche (in prevalenza consorzi), criteri amministrativi e protagonisti diversi destinati a parlare una lingua comune.

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