Controlli e liti

Stop al prelievo sui funzionari di ambasciate della Santa Sede

Per la Ctp di Roma tali immobili godono di extraterritorialità, pur essendo nel territorio italiano e l’Italia è paese terzo rispetto agli obblighi fiscali dei dipendenti spagnoli che vi lavorano

di Marcello Maria De Vito

Le ambasciate presso la Santa Sede, seppure collocate nella città di Roma, devono essere considerate, dal punto di vista internazionale, propaggini dello Stato della Città del Vaticano. Pertanto, tali immobili godono di extraterritorialità, pur essendo nel territorio italiano. Ne deriva che l’Italia è paese terzo rispetto agli obblighi fiscali sui redditi prodotti all’interno dell’ambasciata. Sono questi i principi affermati dalla Ctp di Roma con la sentenza n. 12039/21/2021 (presidente e relatore Papa).

La controversia

L’agenzia delle Entrate notificava un accertamento, per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, a una cittadina spagnola che risiedeva e lavorava nell’ambasciata di Spagna presso la Citta del Vaticano, situata a Roma, in Piazza di Spagna.

La signora impugnava l’accertamento eccependo di essere non residente in Italia, sulla base del principio di extraterritorialità dell’ambasciata. Inoltre eccepiva l’erroneità della tassazione sulla base dell’articolo 19 della Convenzione Italia-Spagna contro le doppie imposizioni e dell’articolo 37 della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963. Quest’ultima disposizione prevede l’esenzione dalle imposte per il personale delle missioni diplomatiche, quando non siano cittadini dello Stato accreditatario, cioè della Santa Sede, come nel caso di specie, e non vi abbiano la residenza permanente. La parte, inoltre, depositava documentazione attestante che il proprio reddito da lavoro dipendente era tassato in Spagna.

Resisteva l’Agenzia, affermando che l’articolo 19 della Convenzione contro le doppie imposizioni, dispone che le remunerazioni pagate da uno Stato contraente sono imponibili nell’altro Stato contraente qualora i servizi siano resi in questo Stato e il beneficiario sia un residente di quest’ultimo Stato.

Il giudizio

La Ctp osserva che molte ambasciate dei Paesi che intrattengono rapporti con la Santa Sede hanno la loro collocazione fisica in Italia anziché nella Città del Vaticano.

Per effetto dei Patti lateranensi e di successivi accordi tra Italia e Vaticano, tali immobili godono di extraterritorialità, quindi, di fatto, è come se fossero territorio della Città del Vaticano. Da ciò deriva che, l’Italia è paese terzo rispetto sia alle relazioni diplomatiche tra Spagna e Santa Sede, sia agli obblighi fiscali sui redditi prodotti all’interno dell’ambasciata. Tale situazione è confermata dall’articolo 37, comma 3, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e dall’articolo 4, comma 2, Dpr 601/1973, relativo alle Rappresentanze estere.

L’Italia, quindi, non può vantare alcuna pretesa impositiva sui redditi prodotti dalla ricorrente, seppure ella viva e risieda nell’ambasciata di Spagna, che fisicamente è collocata a Roma, ma che dal punto di vista internazionale è considerata una propaggine dello Stato della Città del Vaticano. Pertanto, la Ctp ha accolto il ricorso compensando le spese di giudizio stante la particolarità del caso.

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