Controlli e liti

Nuovo onere della prova, al Fisco non basta l’agenda

La Cgt Puglia applica i principi dettati dalla legge di riforma del processo. Le Entrate non hanno dimostrato che i manoscritti erano del professionista

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di Rosanna Acierno

Il rinvenimento di agende manoscritte presso lo studio professionale – in assenza di ulteriori riscontri – non può assurgere a presunzione grave, precisa e concordante di redditi non dichiarati da un singolo soggetto qualora siano diversi i professionisti che vi lavorano. In forza del nuovo articolo 7, comma 5-bis del Dlgs 546/92, infatti, l’amministrazione finanziaria è tenuta a provare la fondatezza della propria pretesa. A queste conclusioni è giunta la Cgt della Puglia con la sentenza n. 3633/4/2022 (presidente Dima, relatore Penza).

La sentenza valorizza il nuovo comma 5-bis, introdotto con la legge 130/2022, ritenendolo automaticamente applicabile nell’ambito dei poteri riconosciuti alle Cgt anche in assenza di una esplicita richiesta da parte del contribuente. Al di fuori dei casi in cui sono previste le presunzioni legali (relative o assolute) che invertono automaticamente l’onere della prova in capo al contribuente, si ricorda brevemente che secondo tale disposizione «l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato». «Il giudice - prosegue la norma - fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni».

Il collegio pugliese è stato chiamato a esprimersi sulla legittimità di una pronuncia di primo grado con cui era stato accolto il ricorso di un professionista contro un avviso ai fini Irpef e Irap a seguito di indagini finanziarie e del rinvenimento presso il suo studio (utilizzato anche da altri professionisti) di sette agende. Sulle agende erano stati annotati dati da cui, secondo gli accertatori, si evincevano compensi in nero.

In particolare, nell’accogliere il ricorso il giudice di primo grado aveva ritenuto:

pienamente giustificate dal professionista le movimentazioni finanziarie contestate;

priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza la presunzione di esistenza di contabilità in nero, non essendo stata provata con certezza dall’ufficio la paternità delle agende, laddove peraltro era comprovato che lo studio fosse utilizzato anche da altri professionisti.

Così, nel confermare la sentenza di primo grado, la Corte pugliese ha ritenuto che, in violazione del nuovo articolo 7, comma 5-bis del Dlgs 546/92, l’Agenzia non avrebbe fornito la precisa e circostanziata dimostrazione della propria pretesa. A fronte del pieno assolvimento da parte del professionista dell’onere della prova imposto dalla normativa con riferimento alle movimentazioni contestate mediante le indagini finanziarie, l’ufficio non avrebbe addotto prove gravi, precise e concordanti atte per dimostrare che la documentazione extracontabile, rinvenuta in una stanza dello studio professionale utilizzato da diversi professionisti, appartenesse proprio al contribuente accertato.

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