Adempimenti

Dati di vendite e acquisti in tempo reale: la svolta con la fattura elettronica Ue

Con il progetto Vida si punta a un sistema Vies elettronico centralizzato, gestito dalla Commissione Ue, in cui confluiranno anche i dati relativi alle operazioni intra Ue trasmessi dagli Stati membri

di Fabio Babolin

La Commissione Ue ha presentato l’8 dicembre un nuovo pacchetto di misure volte a digitalizzare, a modernizzare e a uniformare il sistema dell’Iva all’interno degli Stati membri, in un’ottica di contrasto all’evasione dell’imposta, nell’ambito dell’iniziativa denominata «Vat in digital age» (Vida).

Le proposte Com (2022) n. 701, 703 e 704, dopo una fase di consultazione pubblica avvenuta all’inizio del 2022, prevedono in particolare delle significative modifiche alle disposizioni unionali di riferimento, contenute rispettivamente nella direttiva Iva 2006/112/Ce, oltre che nei regolamenti attuativi Ue n. 904/2010 e n. 282/2011; alcune misure entreranno in vigore già dal 1° gennaio 2024, ma si dovrà attendere il 1° gennaio 2028 per arrivare a pieno regime.

La proposta di modifica, più nel dettaglio, è stata concepita con le seguenti finalità:

a) modernizzare gli obblighi dichiarativi delle operazioni ai fini Iva, introducendo degli obblighi di reportistica digitali (Ddr: digital reporting requirements), a fronte dei quali i soggetti passivi saranno tenuti a comunicare i dati relativi alle loro operazioni transfrontaliere in tempo reale, utilizzando la fattura elettronica con formato standardizzato a livello europeo;

b) evitare gli oneri per le registrazioni multiple ai fini iva in capo agli operatori all’interno degli stati membri, attraverso l’estensione dei regimi one stop shop (Oss)/import one stop shop (Ioss) e del reverse charge;

c) contrastare le distorsioni della concorrenza e i fenomeni evasivi dell’Iva all’interno delle piattaforme che facilitano determinati servizi, quali l’affitto di alloggi a breve termine o i servizi di traporto passeggeri.

I nuovi requisiti

La Commissione riconosce come il progresso della tecnologia nella compliance Iva, che in molti Stati membri si sta evolvendo verso un reporting in tempo reale dei dati analitici delle operazioni effettuate (si considerino, oltre allo Sdi italiano, anche i simili sistemi di Spagna, Ungheria, Portogallo e Polonia), contribuisca ad incrementare il gettito Iva locale e i connessi controlli da parte delle amministrazioni finanziarie.

Inoltre, viene rilevato che la trasmissione degli attuali elenchi riepilogativi (Intrastat) non sempre permette agli Stati di tracciare completamente i dati degli scambi intraunionali, in quanto alcuni Paesi non prevedono l’obbligo di comunicare le informazioni relative agli acquisti intracomunitari; per di più, la frequenza di trasmissione di detti elenchi (che può variare tra i singoli Stati), o i ritardi delle amministrazioni finanziarie nell’elaborare i dati aggregati, sembrano non consentire un controllo efficace delle operazioni che avvengono tra i Paesi dell’Unione.

Con le modifiche proposte, verrà in proposito implementato per tutti gli Stati membri un sistema di reportistica in tempo reale analitico (vedasi la nuova formulazione degli articoli da 262 a 271 della direttiva Iva) per tutte le vendite o acquisti transfrontalieri di beni o servizi e per alcune operazioni soggette a reverse charge poste in essere tra i soggetti passivi Iva, che sostituirà gli attuali elenchi riepilogativi.

Nel dettaglio, tutti gli operatori dovranno certificare le operazioni trasfrontaliere emettendo fattura elettronica secondo un apposito formato standard riconosciuto a livello unionale (fissato dalla direttiva n. 2014/55/Ue in relazione alla fatturazione negli appalti pubblici). La fattura elettronica (articolo 218 della direttiva Iva) diverrà pertanto lo strumento di default da utilizzare per documentare le operazioni in tutti gli Stati, sulla scia di quanto già avviene in Italia (il ricorso alla fattura analogica sarà concesso solo in determinate situazioni eccezionali), mentre gli Stati membri, che già adottano sistemi di reportistica in tempo reale, dovranno porre in essere le misure interne necessarie al fine di adattarli alle caratteristiche del sistema comune armonizzato entro il 1° gennaio 2028.

Il contenuto della fattura elettronica (articolo 226 della direttiva Iva) si arricchirà di ulteriori requisiti obbligatori (si osserva tuttavia come, nella prassi commerciale, tali informazioni frequentemente siano già riportate nei documenti) quali il conto corrente del fornitore, la data concordata di pagamento del corrispettivo totale o parziale, i riferimenti della fattura originaria (nel caso di documento rettificativo); viene inoltre previsto che la trasmissione elettronica dei dati delle operazioni in oggetto avvenga a regime entro due giorni lavorativi dall’effettuazione dell’operazione (nuovo articolo 222 della direttiva Iva), e che non sarà più possibile emettere fatture cumulative (attraverso la cancellazione dell’articolo 223 della direttiva) che includono diverse cessioni di beni o prestazioni di servizi avvenute all’interno del mese, in linea con le finalità del nuovo sistema di reportistica in tempo reale.

Verrà infine istituito un sistema Vies elettronico centralizzato, gestito dalla Commissione Ue, in cui confluiranno, in aggiunta alle informazioni già disponibili in merito alla partita Iva di ciascun singolo operatore, anche i dati relativi alle operazioni intracomunitarie in tempo reale trasmessi dai sistemi degli Stati membri. Tale database, così potenziato, permetterà un più veloce incrocio dei dati e un più efficiente monitoraggio delle transazioni all’interno del mercato unionale.

La singola registrazione ai fini Iva

La Commissione evidenzia come i costi per la compliance Iva rappresentino una barriera in capo agli operatori per il libero scambio all’interno del mercato unico. Invero, le recenti modifiche implementate lo scorso 1 luglio 2021 con il «pacchetto Iva e-commerce», hanno in molti casi contribuito ad attenuare gli oneri per i soggetti passivi che pongono in essere operazioni cross-border, rilevanti ai fini del tributo in Stati membri diversi da quello di stabilimento. Viene rilevato, tuttavia, come alcune specifiche cessioni di beni B2C non possano allo stato attuale essere incluse nei regimi Iva Oss/Ioss, in quanto non soddisfino la definizione di «vendite a distanza intracomunitarie», contenuta nell’articolo 14 della direttiva Iva.

Le nuove disposizioni che verranno introdotte amplieranno di fatto il novero delle operazioni B2C che potranno essere dichiarate attraverso il regime Oss, includendovi le cessioni di beni in regime del margine, le cessioni di beni con installazione in un altro Stato membro, le vendite a bordo di navi, aerei o treni, le cessioni di gas e di energia elettrica, e, infine, le vendite domestiche di beni a consumatori privati (effettuate da cedenti non identificati ai fini Iva nel paese di consumo).

In aggiunta, al fine di minimizzare le fattispecie in cui un soggetto passivo deve registrarsi ai fini Iva in altro Paese, viene riformulato l’articolo 194 della direttiva, prevedendo l’applicazione obbligatoria del reverse charge in tutti quei casi in cui il cedente/prestatore, non stabilito in uno Stato membro dove è dovuta l’Iva, effettua l’operazione nei confronti di un cliente che è ivi identificato ai fini Iva. Si noti che la normativa nazionale (articolo 17, comma 2, del Dpr 633/72) in detta ipotesi prevede tuttavia l’applicazione obbligatoria del reverse charge solo se il cliente è stabilito nel territorio dello Stato, senza considerare il caso in cui detta controparte risulti non stabilita in Italia ma sia ivi identificata ai fini Iva (mediante registrazione diretta o attraverso un rappresentante fiscale).

Infine, la riforma prevede un nuovo regime applicabile ai trasferimenti tra Stati membri dei propri beni da parte di un soggetto passivo, che attualmente impongono l’obbligo di registrazione ai fini Iva nel Paese di introduzione della merce in capo all’operatore, al fine di assolvere l’imposta con il reverse charge. Il proposto nuovo regime è caratterizzato dalla possibilità, per il soggetto passivo che intende trasferire i propri beni all’interno della Ue, di dichiarare agilmente ad una singola amministrazione finanziaria il valore di tutti i suddetti trasferimenti, attraverso una specifica dichiarazione elettronica all’interno dell’Oss, da trasmettersi con frequenza mensile, senza doversi registrare e assolvere l’Iva di volta in volta nel paese di arrivo della merce. Viene precisato, al riguardo, che detto regime non risulti applicabile ai trasferimenti di beni qualificati come strumentali (definiti peraltro nella direttiva come «beni d’investimento»), ovvero di beni in relazione ai quali non è consentito il diritto alla detrazione dell’Iva.

In altre parole, verranno agevolati con tali disposizioni gli operatori che spostano i loro beni «merce» all’interno della Ue al fine di rivenderli in uno specifico Stato (inclusi i movimenti di beni in call of stock), i quali potranno beneficiare della possibilità di utilizzare una sola posizione Iva, a fronte dei trasferimenti dei loro prodotti in diversi Paesi.

Il regime di presunzione Iva per le piattaforme

La Commissione rileva come la «platform economy» abbia creato nuovi modelli di business che provocano delle distorsioni della concorrenza con gli operatori Iva. Può accadere infatti che soggetti privati forniscano ripetutamente servizi online che non scontano l’imposta, attraverso determinate piattaforme digitali che facilitano detti servizi; lo studio operato a livello unionale, in particolare, ha identificato i settori del trasporto di passeggeri e dell’affitto di alloggi a breve termine quali i settori in cui tale fenomeno si manifesta con più frequenza.

La soluzione proposta con la riforma (nuovo articolo 28-bis della direttiva) è pertanto quella di introdurre la presunzione fittizia ai fini Iva di acquisto e rivendita dei servizi in capo alla piattaforma intermediaria, che si estrinseca nell’obbligo, per quest’ultima, di addebitare al cliente finale l’imposta sulla vendita di servizi sottostante (in luogo del soggetto che realmente vende il servizio).

Il Vat gap

Secondo gli ultimi dati pervenuti sul Vat gap, gli Stati membri hanno perso 93 miliardi di euro di mancate entrate ai fini Iva nel 2020, di cui circa un quarto può essere attribuito direttamente alle frodi dell’Iva connesse agli scambi intra-Ue. La Commissione ritiene, nel merito, che le misure proposte consentano una più efficace e più resiliente lotta alle frodi, facendo leva sull’evoluzione della digitalizzazione.

La proposta legislativa seguirà l’iter di approvazione presso i competenti organi unionali (Consiglio per accordo, Parlamento europeo e Comitato economico e sociale per consultazione).

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