Controlli e liti

Dichiarazione fraudolenta non punibile ante 2019 ma con requisiti severi

Per la Cassazione occorre avere regolarizzato prima delle attività di controllo

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

La non punibilità per la dichiarazione fraudolenta introdotta nel 2019 si applica anche ai fatti commessi precedentemente, ma a condizione che il contribuente abbia ravveduto le irregolarità prima dell’avvio di qualunque attività di controllo.

A fornire quest’interpretazione è la Corte di Cassazione con la sentenza numero 8174, depositata il 24 febbraio, la quale non considera che, in passato, l’amministrazione finanziaria non consentiva il ravvedimento di illeciti connotati da fraudolenza.

Due imputati patteggiavano la pena per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di false fatture (articolo 2 Dlgs 74/2000). Ricorrevano poi in Cassazione lamentando l’errata applicazione della causa di non punibilità (articolo 13, comma 2 Dlgs 74/2000).

In particolare, in base a questa norma (introdotta con la legge 157/2019), scatta la non punibilità in ipotesi di integrale pagamento del debito tributario prima della formale conoscenza di qualsiasi controllo.

La difesa riteneva che dopo l’entrata in vigore della disposizione, dovessero sussistere solo i requisiti “esigibili” come l’avvenuto pagamento e non anche quelli “inesigibili” come la spontaneità del ravvedimento, in quanto si trattava di elemento non conoscibile in passato in assenza di norma ad hoc.

La Cassazione ha confermato la retroattività della causa di non punibilità prevista solo dal 2019, trattandosi di norma più favorevole e proprio perché introduce una facoltà in passato non contemplata dall’ordinamento. Tuttavia, questa retroattività esige il rispetto di tutti i requisiti previsti.

Così è necessario non solo l’integrale pagamento del debito, compresi sanzioni e interessi, ma anche l’effettuazione del ravvedimento prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di qualunque controllo o dell’inizio di attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Secondo la Cassazione, escludere il secondo requisito (la spontaneità del pagamento) si tradurrebbe in una irragionevole disparità di trattamento, atteso che l’applicazione retroattiva della causa di non punibilità soggiacerebbe a presupposti meno stringenti rispetto a quelli previsti .

In riferimento, infatti, ai reati dichiarativi, l’articolo 13, comma 2 prevede che il pagamento sia spontaneo, prima cioè della conoscenza di controlli. Se invece avviene successivamente (ma prima dell’apertura del dibattimento), consente all’autore del reato l’accesso al patteggiamento e ai correlati benefici premiali.

La Suprema corte interviene su una questione dibattuta negli ultimi anni. Tuttavia, la sentenza pare non considerare che fino all’introduzione della norma (dicembre 2019), il ravvedimento per le dichiarazioni fraudolente non era consentito dalle Entrate, per cui mal si comprende come, al tempo, il contribuente avrebbe potuto regolarizzare spontaneamente l’irregolarità se l’amministrazione lo vietava.

Infatti, sia l’Agenzia che la Guardia di finanza hanno sempre escluso la regolarizzazione con ravvedimento delle infedeltà dichiarative riconducibili a condotte fraudolente (circolare 180/1998, Telefisco 2018), ammettendola invece solo con la circolare 11/2022, proprio in conseguenza della legge 157/2019.

Ne consegue che con questa interpretazione si impedisce la retroattività a una causa di non punibilità in violazione del favor rei, in quanto in passato era vietato il ravvedimento degli illeciti connotati da fraudolenza, ora invece preteso dai giudici.

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