Imposte

Impatriati, per imprenditori e autonomi il vincolo del regime de minimis

Bisogna verificare di non aver beneficiato nel periodo fiscale 2019-2021 di aiuti complessivamente eccedenti 200mila euro

di Alberto Crosti e Stefano Vignoli

Tra le verifiche da operare in sede di modelli dichiarativi 2022 vi è anche il rispetto del regime de minimis per i lavoratori autonomi e imprenditori impatriati.
Infatti, l’articolo 5 del Dl 34/2019 (decreto Crescita), incrementando al 70% (90% al Sud) l’abbattimento del reddito prodotto dagli impatriati per chi si è trasferito a partire dal 30 aprile 2019 ha significativamente aumentato il risparmio fiscale (e in alcuni casi contributivo) riconosciuto ai neoresidenti.

Le partite Iva

Il rispetto del limite de minimis (già previsto dall’articolo 8-bis Dl 148/2017 come modificato dal Dl Crescita) è richiesto agli impatriati (articolo 16 del Dlgs 147/2015) e ai ricercatori e docenti (articolo 44 Dl 78/2010) ma limitatamente al mondo delle partite Iva: per i lavoratori subordinati si ritengono mutuabili i chiarimenti emersi con la circolare 14/E/2012 che precisava «la nozione di impresa rilevante ai fini dell’applicazione della normativa dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato è ampia e ricomprende ogni entità, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. I limiti de minimis si applicano quindi alle attività produttive di reddito di lavoro autonomo e di reddito di impresa».

Sulla scorta della circolare 14/E/2012 che si riferiva a un’agevolazione similare dovrebbero quindi essere esclusi dal de minimis i dipendenti; ciò anche se è indubbio che un certo beneficio sia conseguito anche dal datore di lavoro che, in assenza di agevolazione, avrebbe dovuto offrire una maggiore remunerazione per l’assunzione dell’impatriato o ricercatore.

Il regime in questione trova il suo fondamento nell’ articolo 3 del regolamento Ue 1408/2013 che dispone «l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro a un’impresa unica non può superare 200mila euro nell’arco di tre esercizi finanziari» (periodi di imposta): ne consegue che l’imprenditore individuale e il professionista dovranno verificare di non aver beneficiato nel periodo fiscale 2019-2021 di aiuti complessivamente eccedenti 200mila euro.

L’aiuto da monitorare

Nel caso del neoresidente l’aiuto de minimis da monitorare non risulta pari all’esenzione del reddito (70% al Centro Nord e 90% al Sud) bensì al risparmio Irpef, comprensivo di addizionali regionali e comunali (ed eventualmente Irap) che effettivamente ne consegue.

In base alle istruzioni del modello dichiarativo, è pertanto necessario, compilare il rigo RS401 degli Aiuti di Stato, indicando nel campo 1 il codice «14» se ricercatore o docente o il codice «15» se impatriato e avendo cura di riportare nel campo 17 il risparmio di imposta conseguito dal neoresidente. A questo fine occorrerà simulare il carico impositivo che emergerebbe da una dichiarazione ordinaria da raffrontare con la dichiarazione effettivamente presentata: la differenza rappresenta l’effettivo risparmio di imposta soggetto al limite de minimis.

I contributi

Ma c’è un passaggio ulteriore da verificare: come già evidenziato professionisti e imprenditori potrebbero assoggettare a contribuzione previdenziale l’imponibile fiscale ridotto invece che il 100% del reddito di lavoro autonomo e di impresa e quindi ci si chiede in primo luogo se anche il risparmio contributivo concorra al limite de minimis e, in caso affermativo, se debba essere considerato l’importo al netto del risparmio fiscale in quanto i contributi sono oneri deducibili.

A parere di chi scrive la minore contribuzione previdenziale potrebbe non costituire un aiuto che concorre al limite in quanto i minori versamenti si rifletteranno in minori erogazioni pensionistiche.

Interessante è rilevare che non sono soggette alle limitazioni in esame le agevolazioni riguardanti l’applicazione dell’imposta sostitutiva Irpef per i neo-residenti (articolo 24-bis del Tuir) con potenziale trattamento discriminatorio a favore di una categoria di soggetti che beneficia di un regime significativamente agevolativo.

Sullo sfondo restano ancora dubbi applicativi e la perplessità sull’introduzione del limite de minimis ad autonomi e imprenditori che, peraltro, non pare trarre origine dai limiti imposti dal Tfue.

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