Controlli e liti

I chiarimenti ufficiali su ravvedimento e sanzioni

Le risposte dell’agenzia delle Entrate nell’ambito di Speciale Telefisco del 15 giugno 2022 in tema di ravvedimento e sanzioni

Violazioni prodromiche Iva

Conferma l'Agenzia, nell'ottica di quanto è stato precisato nella circolare 42/E/2016, par. 3.1.1, che nel caso in cui il contribuente abbia commesso delle violazioni prodromiche Iva, come nel caso dell'omessa fatturazione o dell'indebita detrazione in sede di liquidazione periodica, egli, nel caso di successivo ravvedimento operoso, deve sanare esclusivamente la sanzione riferita alla violazione prodromica e non anche quella dell'omesso versamento che si sarebbe realizzato in sede di liquidazione periodica (sanzione, quest'ultima, non irrogabile in sede di accertamento delle suddette violazioni prodromiche)?

Nella circolare n. 42/E del 12 ottobre 2016, paragrafo 3.1.1, è stato precisato che: «Successivamente al decorso dei novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione, le violazioni consistenti in errori non rilevabili mediante controlli automatizzati e formali, integrano la violazione di infedele dichiarazione, per la quale, dal 1° gennaio 2016, è prevista una sanzione compresa tra il novanta e il centoottanta per cento della maggiore imposta dovuta della differenza del credito utilizzato.

A tale fine, il contribuente che intenda regolarizzare la propria posizione con il Fisco - anche a seguito di una comunicazione in attuazione dell’articolo 1, commi 634 e seguenti, della legge di Stabilità 2015 - è tenuto a presentare una dichiarazione integrativa e a versare, oltre al tributo dovuto e agli interessi, la corrispondente sanzione proporzionale - assorbente delle altre violazioni relative all’infedeltà dichiarativa disvelata, ovvero quella prevista per l’omesso versamento - avvalendosi, eventualmente, del ravvedimento operoso e applicando le riduzioni previste dall’articolo 13 del D.lgs. n. 472 del 1997, a seconda del momento in cui interviene il versamento. […]

Restano, infine, dovute autonomamente, in sede di ravvedimento le sanzioni ridotte per le cosiddette violazioni prodromiche (quale, ad esempio, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’omessa fatturazione), non potendosi applicare in sede di ravvedimento il principio del cumulo giuridico di cui all’articolo 12 del d.lgs. n. 472 del 1997».

Al momento del ravvedimento, la sanzione per l'infedele dichiarazione (più grave) assorbe quindi quella per l'omesso versamento, ma non quelle per le violazioni “prodromiche” che vanno autonomamente tenute in considerazione, non diversamente da quanto farebbe l'Ufficio, in ambito accertativo, applicando, tuttavia, il cumulo giuridico di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, escluso in sede di ravvedimento (cfr. la circolare n. 180/E del 1998, in commento all'articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997).Alla luce di tali premesse, l'interpretazione proposta nel quesito non può essere condivisa.Al riguardo, infatti, è necessario tener conto del momento in cui viene posto in essere il ravvedimento operoso e delle violazioni commesse a quel momento.

Così, se il ravvedimento avviene in corso d'anno, per sanare omessi versamenti periodici – legati, nell'esempio proposto, alle liquidazioni IVA che seguono ad omesse fatturazioni – le violazioni da ravvedere (nel caso anche a seguito delle comunicazioni previste dall'articolo 1, commi 634 e ss. della legge 23 dicembre 2014, n. 190) sono sia quella dell'articolo 6 del d.lgs. n. 471 del 1997, sia quella del successivo articolo 13 del medesimo decreto.

Qualora il ravvedimento avvenga dopo la presentazione della infedele dichiarazione, vale quanto detto nella richiamata circolare n. 42/E del 2016.

Si rinvia, con specifico riferimento alle liquidazioni periodiche IVA, ai chiarimenti già resi con la risoluzione 28 luglio 2017, n. 104/E.

Ravvedimento e integrativa

Risulta ritrattabile successivamente, a favore del contribuente, la dichiarazione integrativa conseguente a un ravvedimento operoso?

Ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, «Salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600».

Analoga previsione è contenuta in tema di IVA nel successivo articolo 8, comma 6-bis, del medesimo D.P.R.

A tali norme si affianca quella di cui all'articolo 1, comma 640, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, a mente della quale: «Nelle ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa […] b) i termini per l’accertamento di cui agli articoli 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente ai soli elementi oggetto dell’integrazione; […]».

Dalle previsioni richiamate emerge come l'integrazione riguardi la dichiarazione originariamente presentata e non altre “ravvedute”. Ciò fermi restando i limiti generali all'emendabilità delle dichiarazioni.

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