Diritto

Consumatori, la nuova azione di tutela non convince sulla doppia adesione

Le criticità illustrate da Assonime. Novità da fine giugno

di Giovanni Negri

Non convince Assonime il sistema di adesioni a doppio turno (sia dopo l’ordinanza di ammissibilità, sia dopo la pronuncia della sentenza) e l’obbligo per il professionista soccombente di versare all’avvocato della controparte e al rappresentante comune degli aderenti compensi ulteriori rispetto alle somme dovute ai singoli a titolo di risarcimento e restituzione. Sono queste alcune delle criticità, peraltro comuni alla disciplina della class action nazionale, messe in luce da Assonime nella circolare dedicata all’illustrazione delle caratteristiche della nuova azione di tutela degli interessi dei consumatori, oggetto in vigore dal prossimo 25 giugno del decreto legislativo n. 28 del 2023, con il quale è stata recepita la direttiva 2020/1828.

Si tratta di un nuovo strumento processuale che potrà essere utilizzato da associazioni dei consumatori e altri organismi specificamente individuati per ottenere dal giudice la cessazione della condotta illecita e/o rimedi di tipo compensativo a favore dei consumatori danneggiati.

Tra i profili problematici, la definizione di criteri di legittimazione degli enti diversi a seconda che si tratti di azioni rappresentative nazionali o transfrontaliere non appare giustificata e aggiunge complessità al quadro normativo. È auspicabile, per Assonime, che venga superata in favore di regole unitarie e coerenti con il modello europeo, specialmente riguardo all’impegno degli enti legittimati a rendere pubbliche con mezzi appropriati le informazioni sulle proprie fonti di finanziamento.

Perplessità investono poi anche la scelta di comprendere tra gli enti legittimati, qualora ne facciano richiesta, anche le autorità amministrative indipendenti preposte all’applicazione delle norme a tutela dei consumatori. Ne discende infatti un’inappropriata sovrapposizione tra i canali del public e del private enforcement, che dovrebbero invece restare distinti (sia pure con adeguati meccanismi di coordinamento), per la diversa funzione che svolgono nel sistema.

Incerto è poi se l’azione di classe resta eventualmente utilizzabile dal singolo consumatore che decida di adoperarsi per conto dell’insieme degli interessati, sulla base del Codice di procedura civile, utilizzando in questo modo la soluzione della class action. Un’ipotesi che non è esplicitamente considerata dalla normativa. L’articolo 140-septies, comma 7, del Codice del consumo, all’interno del quale è ora collocata la nuova azione di tutela dei consumatori, prevede che «resta fermo il diritto all’azione individuale, salvo quanto previsto dall’articolo 840-undecies, nono comma, del codice di procedura civile», e quindi in sostanza garantisce al singolo consumatore la facoltà di agire individualmente in giudizio (non di avviare un’azione di classe) per far valere il suo diritto, a condizione che non abbia aderito all’azione rappresentativa, oppure che abbia revocato in tempo utile la propria adesione.

Se invece si ammette che un’azione di classe può essere avviata anche dal singolo consumatore nelle materie suscettibili di essere oggetto di azione rappresentativa, occorrerà, invita Assonime, assicurare l’operatività degli accorgimenti stabiliti dal Codice di procedura civile a salvaguardia del principio dell’unicità dell’azione collettiva, fondamentale per la razionalizzazione del contenzioso seriale e il buon funzionamento del sistema.

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