Imposte

Per le criptovalute regimi fiscali allineati a valute e a capital gain

L’agenzia delle Entrate ha svolto ruoli di supplenza all’inerzia del legislatore. Per i custodial wallet trattamento assimilato agli intermediari finanziari

di Michela Folli e Marco Piazza

Rispondendo a numerosi interpelli, l’agenzia delle Entrate ha fornito un quadro pressoché completo del regime fiscale delle criptovalute, sopperendo, così, all’inerzia del legislatore.

L’amministrazione finanziaria ha, infatti, illustrato il trattamento della detenzione di valute virtuali da parte delle persone fisiche (ma anche società semplici ed enti non commerciali) al di fuori dall’attività d’impresa con riferimento alla qualificazione dei redditi da assoggettare a tassazione agli obblighi di monitoraggio fiscale (quadro RW).

Dalla lettura combinata delle più recenti risposte ad interpello (si veda 788 del 2021, 397 e 437 del 2022) si conclude che ai fini delle imposte sul reddito, alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano quelle in valute tradizionali; quindi, si deve fare riferimento all’articolo 67, co. 1, lettera c-ter del Testo unico; ai fini del monitoraggio fiscale, le criptovalute devono sempre essere indicate nel quadro RW ad eccezione del caso in cui queste siano detenute in wallet intrattenuti presso una società italiana che presta servizi relativi a cripto-attività.

Le valute virtuali sono conservate in portafogli elettronici (c.d. wallet) che possono basarsi su diverse tecnologie di conservazione (paper, hardware, desktop, mobile, web); essere o meno connessi alla rete (hot wallet e cold wallet) e infine essere o non essere detenuti presso prestatori di servizi che svolgano funzione di custodia, controllando la chiave privata al posto dell'utente (custodial/non custodial wallet). Quest'ultima distinzione è particolarmente importante perché nella prassi il ruolo del prestatore di servizi relativi a criptovalute tende ad essere sempre più assimilato a quello dell’intermediario del settore finanziario. Il decreto 13 gennaio 2022, per esempio, obbliga quelli che operano sul territorio italiano, tenuti a iscriversi nel registro degli operatori valute virtuali istituito presso l’Organismo agenti e mediatori finanziari (attualmente 69) a trasmettere periodicamente informazioni sulle operazioni effettuate per conto dei clienti.

Per quanto riguarda le imposte sui redditi, le cessioni a pronti e i prelievi di valute virtuali generano plusvalenze e minusvalenze da indicare nel quadro RT della dichiarazione nei periodi d’imposta in cui la giacenza dei portafogli elettronici (ma si dovrebbero comprendere anche i conti e depositi in valute tradizionali) complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui.

Il reddito imponibile è dato dalla differenza fra l’importo ceduto o prelevato, convertito al cambio del giorno dell’operazione, e lo stesso importo convertito al cambio del giorno dell’acquisto, utilizzando il LIFO come criterio di flusso. Corollario di questo inquadramento è che non solo la conversione di una valuta virtuale in una a corso legale e viceversa rileva ai fini del capital gain, ma anche la conversione fra valute virtuali, comunque a condizione che sia superata la soglia di giacenza citata.

Le cessioni a termine di valute virtuali sono, invece, sempre rilevanti ai fini del capital gain.

La risposta 788/2022 precisa che il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso. Il principio è ripreso dalla successiva risposta 397 del 2022 la quale però evidenzia che il trasferimento da una tipologia di wallet ad un’altra del medesimo contribuente non è fiscalmente rilevante. Basandosi sull’assimilazione alle valute tradizionali si dovrebbe quindi concludere che il trasferimento fra custodial wallet non rilevi ai fini del capital gain, mentre il trasferimento da un custodial wallet a non custodial wallet debba essere considerato «prelievo» e quindi essere assimilato a cessione.

Peraltro, a fini della verifica della soglia di 51.646, 69 euro l'Agenzia precisa che la giacenza media va verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente, indipendentemente dalla loro tipologia (risposta 788 del 2021). Quindi, pare che nel computo si comprendano anche i cosiddetti “non custodial wallet”, il che sarebbe giustificato dall'esigenza di evitare che, attraverso frequenti trasferimenti da una tipologia di wallet all’altra, sia possibile aggirare la tassazione.

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