Controlli e liti

Controlli, obbligo fideiussione per riaprire la partita Iva

Piano di controlli sull’«apri e chiudi» dell’attività: incrocio con dati e-fattura e scontrini. Dopo l’alert necessaria la garanzia fino a 20mila euro per i soggetti che vogliono riavviare l’attività

di Marco Mobili e Giovanni Parente

«Non permetteremo più il gioco dell’apri e chiudi fatto soprattutto dagli extracomunitari, quello di aziende che non pagano un euro di tasse, agiscono nell’illegalità e poi chiudono i battenti prima che lo Stato si accorga di loro, per riaprire magari con altro nome. Chi vuole lavorare da noi è il benvenuto, ma chi arriva da fuori dell’Unione europea, prima di aprire la serranda, dovrà presentare una fideiussione a garanzia del pagamento delle tasse». Era il 18 agosto quando in piena campagna elettorale Giorgia Meloni manifestava l’intenzione di bloccare il fenomeno delle partite Iva «apri e chiudi». Nella sua prima manovra da presidente del Consiglio, arriva una doppia stretta. Da un lato, un piano di controlli mirato per andare a individuare quei fenomeni di evasione e frode fiscale collegate proprio all’apertura e alla chiusura vorticosa di partite Iva. Dall’altro lato, l’obbligo di una fideiussione per i soggetti extra Ue che vogliono riavviare un’attività, non inferiore a 20mila euro, da presentare all’agenzia delle Entrate all’atto della richiesta della partita Iva.

Partiamo dalla novità principale che è rappresentata dalla fideiussione. Guardando i dati dell’Osservatorio delle partite Iva del Mef riferiti alle aperture dello scorso anno, si scopre che sono stati circa 53mila gli operatori nati fuori dall’Italia e dai Paesi Ue ad aver avviato un’attività in Italia (il dato tiene conto delle sole persone fisiche): si tratta di quasi il 10% del totale delle aperture di partite Iva nel 2021. A livello di macroprovenienze circa un terzo è originario di Stati asiatici (c’è da immaginare che l’etichetta relativa all’Oceania sia minoritaria). Mentre sotto il profilo delle attività dichiarate all’apertura da cittadini extra Ue sono due i settori che da soli valgono quasi la metà del totale: commercio all’ingrosso e al dettaglio per circa il 23% e le costruzioni per poco più del 21 per cento.

Lo schema di azione mutua la proposta di legge presentata dal leghista Massimo Bitonci, ora sottosegretario al Mimit, addirittura nel 2010-2011 (quando fu approvata in prima lettura nella legge di Bilancio per poi essere stralciata perché ritenuta discriminatoria verso le partite Iva straniere) e riproposta dallo stesso Bitonci all’inizio di questa legislatura (atto Camera 122).

L’idea è dunque quella di intensificare il monitoraggio su soggetti a rischio evasione, visto che negli anni non sono mancati casi di pacchetti di imprese «apri e chiudi» scoperti da operazioni della Guardia di Finanza. Proprio per questo si punta a rilanciare i controlli. Per i vertici del Mef e i tecnici di Via XX settembre si punta con la legge di bilancio ad associare un piano mirato di verifiche sul fenomeno apri e chiudi. Si tratterebbe di un rafforzamento o, se vogliamo, di una riedizione di quanto era stato previsto nella manovra estiva 2010 (il Dl 78). In quell’occasione, fu acceso un vero e proprio faro sulle imprese che cessano l’attività entro un anno dalla data di inizio, stabilendo che sono considerate ai fini della selezione delle posizioni da sottoporre a controllo da parte dell’agenzia delle Entrate, della Guardia di Finanza e dell’Inps, in modo da assicurare una vigilanza sistematica sulle situazioni a specifico rischio di evasione e frode fiscale e contributiva.

Rispetto, però, a dodici anni fa, l’arsenale delle banche dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria è enormemente più ampio. Basti pensare soltanto alla fattura elettronica e agli scontrini telematici: due “gruppi” di informazioni che permettono di delineare indicatori di rischio evasione e di stilare liste mirate di soggetti su cui calibrare i controlli ed eventualmente estendere anche il raggio d’azione. Già, perché posizioni che effettuano solo operazioni passive e nessuna o pochissime operazioni attive potrebbero celare anche altri fenomeni criminali: prima di tutto quello del riciclaggio di denaro sporco o di finanziamento del terrorismo. Senza dimenticare l’eventuale ruolo delle «apri e chiudi» in illeciti più ampi, come lo schema tipico delle frodi carosello o come emerso anche di recente in quelle legate alle fittizie cessioni dei crediti edilizi.

La seconda parte dell’intervento si concentra sulla fideiussione. In pratica se un cittadino o un soggetto di uno Stato estero non appartenente all’Unione europea chiedono l’attribuzione di una nuova partita Iva in Italia dopo averne chiusa una ed essere stati richiamati dal Fisco per comportamenti opachi, devono depositare, come detto, una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa in favore delle Entrate per un importo non inferiore a 20mila euro. Un modo per cercare di vincolare gli operatori agli adempimenti dovuti in ambito sia tributario che contributivo. Tanto è vero che la fideiussione viene restituita all’atto della cessazione dell’attività, dopo che siano stati eseguiti tutti i versamenti fiscali e contributivi dovuti dal contribuente.

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