Concordato preventivo, incassi a 1,3 miliardi. Verso la riapertura al 10 dicembre
Sono 500mila le partite Iva che hanno aderito (oltre il 15% dei soggetti Isa). Leo: «In 160mila con un punteggio di inaffidabilità hanno aderito diventando affidabili per il Fisco. Un risultato che testimonia il successo dell’operazione»
Sono oltre 500mila le partite Iva tra soggetti Isa e forfettari che hanno detto sì al concordato preventivo biennale, almeno stando alle primissime stime calcolate dal Mef e dall’amministrazione finanziaria. «Stiamo ancora elaborando le adesioni che si sono chiuse il 31 ottobre scorso», sottolinea il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, il quale aggiunge che «stando ancora ai primi carotaggi l’incasso attuale si attesta a più di 1,3 miliardi di euro». E aggiunge che il concordato «è il nuovo strumento con cui il Governo vuole cambiare l’approccio nella lotta all’evasione e soprattutto nella costruzione di un nuovo rapporto con i contribuenti improntato al confronto e al dialogo tra amministrazione finanziaria, imprese e cittadini. In sostanza stiamo passando da un’attività di controllo ex post a un’attività ex ante che fino ad oggi era riservata solo ai grandi contribuenti con la cooperative compliance».
Quello che emerge dai primi dati legati alla scadenza del 31 ottobre e ancora in corso di elaborazione, dunque, è che già ora su 2,7 milioni di contribuenti soggetti agli indici di affidabilità fiscale (Isa), oltre il 15% e dunque oltre 403mila imprese e professionisti hanno accettato il patto proposto loro dall’agenzia delle Entrate «e per due anni, sottolinea Leo, sono soggetti da ritenere fiscalmente corretti e sui quali la stessa Agenzia potrà distogliere lo sguardo in termini di accertamenti e controlli per dedicarsi a chi dalle tasse continua a fuggire o a eluderle». Non solo. «I dati dei soggetti che hanno aderito al concordato preventivo biennale rappresenteranno un valore aggiunto importante per la stessa amministrazione finanziaria nell’elaborazione e nell’aggiornamento futuro degli Isa, così da avere pagelle fiscali sempre più affinate e in grado di fornire una fotografia puntuale delle diverse attività economiche».
Un dato su cui va posta attenzione e che va analizzato attentamente, poi, è quello che emerge da questo primo carotaggio delle istanze di adesione al concordato preventivo biennale legato alla progressione dei contribuenti che hanno accettato il patto con il fisco. Come spiega Leo «sono 160mila le partite Iva che sono passate da un voto di inaffidabilità totale o quasi al fisco, con voti Isa tra l’1 e l’8, e che adesso invece hanno accettato la proposta per posizionarsi al 10 e che ora possiamo ritenere soggetti fiscalmente più che affidabili. Un risultato che ritengo di particolare rilievo proprio perché, per la prima volta e in un colpo solo, fermo restando i controlli delle Entrate e quelli della Guardia di Finanza, abbiamo portato fuori dal perimetro dell’evasione fiscale 160mila soggetti per farli rientrare in quello della legalità, un risultato straordinario, senza precedenti». Ma non solo. «L’altro aspetto da sottolineare con soddisfazione - aggiunge Leo - è che con il concordato abbiamo fatto emergere oltre 8,5 miliardi di base imponibile ai fini delle imposte dirette (Irpef e Ires) e altri 6,3 miliardi come valore della produzione ai fini dell’Irap. Da questi dati scaturisce questo primo risultato, di circa 1,3 miliardi nel biennio con l’applicazione delle imposte sostitutive previste dal concordato e che garantiscono intanto oltre 425 milioni per il 2024 e 865 milioni per il 2025».
Si tratta di risorse che saranno destinate «al taglio delle tasse», ribadisce Leo, e che «mettiamo a disposizione per ridurre il carico fiscale soprattutto sul ceto medio», aggiunge ancora il viceministro ricordando che «proprio questo è uno dei motivi per cui, nonostante l’assoluta consapevolezza legata alle difficoltà incontrate dalle categorie, nei cui confronti ho sempre prestato la massima attenzione, non è stato possibile concedere la proroga della scadenza dello scorso 31 ottobre». E l’altro motivo? «È squisitamente tecnico e legato al calendario fiscale. Concedere una proroga alla scadenza di fine ottobre, legata non solo al concordato ma anche alla presentazione della dichiarazione dei redditi, avrebbe comportato lo slittamento in avanti della prossima campagna dichiarativa 2025, relativa ai redditi 2024». Partita chiusa? «Certamente no», risponde secco Leo, aggiungendo che è «ben consapevole delle difficoltà incontrate dai commercialisti e dagli intermediari abilitati nell’accompagnare i contribuenti all’adesione. Una corsa davvero contro il tempo anche alla luce delle correzioni all’istituto che sono arrivate a settembre, e la necessità di confrontarsi con uno strumento del tutto nuovo. Per me la riapertura è auspicabile ma a condizione che ci sia il via libera collegiale del Governo e della maggioranza e che porti ad un effettivo giovamento alla finanza pubblica». Su come e dove inserire la riapertura dei termini è in queste ore allo studio ma una cosa è assolutamente certa: «la nuova finestra per il concordato preventivo si riaprirà soltanto per quei contribuenti che hanno presentato entro il 31 ottobre la dichiarazione dei redditi ma non hanno aderito al concordato. Un vincolo necessario, come detto, per non complicare il nuovo calendario fiscale del 2025».