Diritto

Abuso del diritto, passi avanti ma resta il caso interposizione

Nel 2020 molti interpelli (alcuni superflui) a favore dei contribuenti. Su recesso e simulazione Entrate e Cassazione cadono ancora in equivoci

ADOBESTOCK

di Dario Deotto

L’anno 2020 ha registrato, nonostante qualche incidente di percorso, una sostanziale “maturazione” della vicenda dell’abuso del diritto.
Quello che stupisce, in verità, è la difficoltà che molti contribuenti hanno ancora a distaccarsi da certi errati retaggi del passato. Non si giustificano altrimenti le ragioni per le quali sono state formulate nel 2020 istanze di interpello in materia di abuso per situazioni che dovrebbero essere abbondantemente “digerite”. Fa davvero specie vedere, ad esempio, che si facciano ancora interpelli sull’elusività di una scissione oppure – risposta 643 di fine anno – sul fatto se costituisce operazione abusiva il trasferimento della titolarità del credito di ricerca e sviluppo per effetto di una fusione per incorporazione.

La conseguenza è che in quasi tutte le risposte date dall’Agenzia nel 2020 non sono praticamente emerse situazioni di abusività. Tranne – parzialmente – nella risposta all’interpello 242/2020. Il caso riguardava la cessione del 100% delle quote di una Srl, partecipata da sette soci, in favore di una newco. Veicolo societario, quest’ultimo, partecipato da quattro dei precedenti soci (“superstiti”) e da un nuovo socio. In seguito, la newco veniva incorporata dalla società “ceduta”.

L’Agenzia ha affermato che non si riscontra abuso in relazione ai soci che fuoriescono definitivamente dalla società, mentre l’elusività si ha con riferimento ai soci “superstiti”, i quali – secondo le Entrate – si precostituirebbero le condizioni per porre in essere un recesso atipico, idoneo a conseguire un vantaggio fiscale. Secondo l’amministrazione, il citato obiettivo economico poteva essere raggiunto mediante il recesso tipico limitatamente alla quota parte di partecipazione oggetto di recesso. Inoltre, secondo l’Agenzia, il disegno prospettato comporta un numero superfluo di negozi giuridici, non coerente con le normali logiche di mercato.

Effetti economici insindacabili
Su queste pagine si è già riportato dell’erroneità della tesi espressa dall’Agenzia con l’interpello 242, la quale dovrà prima o poi considerare che gli obiettivi economici non possono essere sindacati dal Fisco: l’effetto economico dei negozi giuridici riguarda soltanto l’economia. Così come il Fisco non può individuare degli effetti economici ulteriori rispetto a quelli giuridici, tranne quando ciò viene espressamente statuito da una norma di legge.

Ipotesi di recesso solo tipiche
Va sottolineato, poi, che l’Agenzia non può dire che le operazioni poste in essere costituiscono, in realtà, recesso tipico. Quest’ultimo può ricorrere esclusivamente nelle ipotesi espressamente tipizzate.

Interposizione reale ed elusione
Un altro fraintendimento – in questo caso giurisprudenziale – che prosegue è quello su interposizione ed elusione. Se è vero che le ultime pronunce della Cassazione distinguono correttamente ciò che è evasione da ciò che è abuso del diritto, qualche retaggio sussiste ancora quando si fa riferimento all’interposizione, specie quella reale. Al riguardo, va tenuto conto che i fenomeni simulatori in genere sono contemplati, dal punto di vista tributario, dall’articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973. Per questi fenomeni, l’Agenzia, alla stregua di un terzo pregiudicato, può fare valere la simulazione ed accertare l’assetto effettivo dell’operazione, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Occorre considerare che, secondo la dottrina civilistica tradizionale, il discrimine fra interposizione reale e fittizia sarebbe da individuare nella partecipazione, o meno, del terzo all’accordo simulatorio. Tale interpretazione, però, è da ritenersi superata sia dall’evoluzione dottrinale che giurisprudenziale (ex multis, Cassazione 8682/2013), secondo la quale la differenza tra interposizione fittizia e reale non è rappresentata dalla partecipazione del terzo contraente all’accordo, bensì nel concreto atteggiarsi della volontà degli interessati. Sicché si configurerebbe ipotesi di interposizione fittizia solo quando il soggetto interposto interviene in maniera del tutto passiva.

Sotto il profilo tributario, sia Cassazione che Agenzia (risposta interpello 89/2020) sono orientate a considerare nella previsione dell’articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973 – che è, chiaramente, vicenda di evasione - anche l’interposizione reale. Tali conclusioni, però, non risultano corrette. Questo in quanto quella realizzata attraverso l’interposizione reale è una realtà assolutamente vera e voluta dal contribuente, così strutturata solo per conseguire vantaggi fiscali indebiti, diversamente dall’interposizione fittizia, per la quale, invece, vi è una chiara asimmetria tra situazione reale e quella formale.

L’interposizione reale rappresenta, in conclusione, una situazione paradigmatica di abuso del diritto (quando il vantaggio fiscale conseguito risulta indebito).

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