Accertamenti di fine anno, verbali nulli se non c’è l’urgenza
I verbali consegnati dal 2 novembre per contestazioni relative al periodo di imposta 2012 rischiano di determinare atti impositivi nulli se non supportati da specifici motivi di urgenza. L’agenzia delle Entrate, infatti, deve attendere 60 giorni per la notifica degli accertamenti che a questo punto scadrebbero oltre il 31 dicembre con la conseguente decadenza del potere impositivo per l’anno 2012.
Secondo un rituale che si ripete ogni anno, anche in questi giorni si assiste alla chiusura rapida dei controlli per il periodo di imposta 2012 proprio perché si rischia di generare atti impositivi invalidi. Sarebbe sufficiente, nella maggior parte dei casi, che i controlli venissero programmati dando priorità nella prima metà dell’anno a quelli relativi a periodi di imposta in scadenza per evitare la solita prassi: richieste urgenti di documenti pena la minaccia dell’accertamento induttivo, indagini bancarie che non si riescono a concludere per le quali l’ufficio «prudentemente» già preannuncia l’emissione dell’avviso di accertamento entro fine anno solo per evitare la scadenza dei termini, per poi rettificarne in tutto o in parte il contenuto l’anno prossimo in sede di adesione ecc.
Nel dettaglio, il 31 dicembre prossimo decade il potere di rettifica per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2013 (periodo di imposta 2012) e per quelle omesse relative al 2011. A norma dell’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, l’ufficio, salvo motivi di urgenza, deve attendere 60 giorni dal termine del controllo prima di emettere l’atto impositivo per consentire al contribuente di presentare memorie difensive. Per concedere questa possibilità i pvc, dovevano essere consegnati al massimo entro il 31 ottobre, in modo da poter emettere e notificare l’eventuale accertamento il 31 dicembre (ultimo giorno utile per rettificare il periodo 2012).
Eventuali verbali che riguardano tale periodo di imposta ma consegnati dal 2 novembre rischiano così di produrre accertamenti privi di validità, salvo l’Ufficio non individui della valide ragioni che giustificano l’urgenza e quindi il mancato rispetto del termine.
La giurisprudenza di legittimità, intervenuta ripetutamente sulla questione, è ormai unanime circa l’applicazione dell’istituto in tutte le ipotesi di accesso presso i locali del contribuente (per tutte, Sezioni unite, sentenza 18184/13), con la conseguenza che se l’ufficio non rispetta tale termine, e in assenza di ragioni di urgenza, l’atto impositivo emesso è invalido
I dubbi restano per i controlli in ufficio («a tavolino»). Nella penultima sentenza delle Sezioni unite ( 19667/2014 ) sembrava essersi risolta la questione, poiché era stato affermato il principio secondo cui, per tutte le attività di controllo, è obbligatorio un confronto preventivo pena la nullità dell’atto impositivo (anche nel caso della pronuncia per il preavviso di ipoteca). In effetti, poteva sembrare la soluzione più ragionevole, al fine di non creare un’ingiustificata distinzione in base al tipo di controllo subito dal contribuente.
Con la sentenza 24823/2015 , l’alto consesso è giunto, invece, a conclusioni totalmente differenti: non esiste nel nostro ordinamento un diritto generalizzato al contraddittorio preventivo, salvo non sia espressamente previsto per legge. Si tratta, infatti, di un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi “armonizzati”. Tuttavia, anche per questa ipotesi, perché operi la sanzione di nullità del provvedimento, occorre che il contribuente dimostri che in tale sede avrebbe concretamente potuto produrre elementi difensivi.
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