Accertamenti, nulla la delega di firma in bianco
È nulla la delega di firma in bianco, priva cioè del nome del delegato, poiché non consente al contribuente di verificare agevolmente la legittimità dei poteri.
A confermare questi principi è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 17196 depositata ieri.
Una contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento eccependo, tra i diversi motivi, dei vizi della delega di firma. Entrambi i giudici di merito disattendevano la doglianza e la contribuente ricorreva così in cassazione.
La Suprema Corte ha innanzitutto ribadito che in tema di accertamento tributario, la delega di firma o di funzioni richiamata dall’articolo 42 del Dpr 600/73, deve necessariamente indicare il nominativo del delegato a pena di nullità del provvedimento stesso.
Tale delega, però, non può consistere in un ordine di servizio in bianco, che si limiti cioè ad indicare la sola qualifica professionale del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore (Cassazione, sentenza 22803/2015).
I giudici di legittimità, peraltro, hanno rilevato che l’agenzia delle Entrate ha l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega.
La decisione conferma l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto. Recentemente, con l’ordinanza 12960/2017 è stato altresì precisato che la delega è nulla quando fatta ad un soggetto «incerto», atteso che i capi uffici o i capi team potrebbero cambiare nel tempo e non essere gli stessi al momento della sottoscrizione del provvedimento. La firma è un elemento espressamente previsto a pena di nullità e l’accertamento così emesso è illegittimo. Diverso è il caso delle cartelle di pagamento, del diniego di condono, dell’avviso di mora o anche degli atti per i tributi locali, per i quali non esiste una sanzione espressa per l’illegittimità della sottoscrizione.
Ne consegue pertanto che per gli avvisi di accertamento occorre una delega nominativa perché solo così si radica il rapporto di fiducia tra delegante e delegato.
Tali principi inducono a più di una riflessione. Innanzitutto, va segnalato che non di rado ancora oggi molti provvedimenti di delega sono del tutto generici. Si tratta, infatti, di atti schematici con i quali attraverso tabelle e simili, sono attribuite deleghe, senza alcuna indicazione nominativa, a soggetti incaricati di specifiche funzioni (ad esempio capo area, capo ufficio controlli ecc.). Tali provvedimenti, atteso il chiaro principio affermato dalla Cassazione, sono privi di validità.
Va infine rilevato che con l’introduzione della firma digitale e del codice QR per gli accertamenti tributari, il funzionario delegato potrebbe “caricare” l’eventuale delega direttamente nel fascicolo informatico, così da rendere immediatamente disponibile il documento per ogni necessario controllo. È evidente, però, che ove ciò non avvenga (come pare fino ad ora), il contribuente dovrà continuare a eccepire il vizio di delega nel ricorso introduttivo del giudizio.
L’ordinanza 17196/2017 della Cassazione