Accertamenti a «tavolino», il contraddittorio preventivo distingue i tributi
Il contraddittorio endoprocedimentale - previsto dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (Statuto dei contribuenti) - non trova applicazione per le infrazioni relative ai tributi «non armonizzati», qualora esse non derivino da «accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali», ai sensi del comma 1 della medesima legge.
ùAd esempio le violazioni per Irpef conseguenti ad accertamenti bancari sui conti del contribuente, non impongono il rispetto della particolare procedura di contraddittorio. Lo afferma l’ ordinanza 8545/2017 della Cassazione nell’accogliere il ricorso delle Entrate avverso la decisione della Ctr. Quest’ultima aveva riformato la pronuncia dei giudici di primo grado, e, accogliendo l’appello del contribuente, aveva annullato gli atti impositivi (Irpef 2007), «perché emessi in violazione del termine di cui al comma 7 dell’articolo 12 della legge 212/2000».
Secondo la Suprema corte, la questione è risolta già con la precedente sentenza 24823/15 delle Sezioni unite, per cui se si tratta di accertamento per «tributi armonizzati» (ad esempio Iva, accise, dazi doganali) l’obbligo del contraddittorio discenderebbe da principi comunitari, la cui violazione «da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbero potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si rilevi non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e
buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto».
E quindi secondo i giudici della legittimità, per i tributi «non armonizzati», imposte dirette e tributi locali, l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale esiste solo nel caso di verifiche effettuate presso i luoghi ove viene esercitata l’attività del contribuente. Ma vi sono talune recenti sentenze dei giudici di merito che affermano di non ritenere l’interpretazione delle Sezioni unite conformi ai principi costituzionali, in particolare la Ctp di Reggio Emilia 5/2016 e la Ctr Toscana che, con l’ordinanza 736 depositata il 18 gennaio 2016 ha «rimesso al vaglio della Consulta la questione di legittimità dell’articolo 12, comma 7, dello Statuto, se interpretato nel senso di escludere l’obbligo di contraddittorio per gli accertamenti «a tavolino».
Cassazione, ordinanza 8545/2017