Accertamento al socio legittimo anche se la quota è stata ceduta
L’avviso di accertamento emesso nei confronti della società di persone (nel caso di specie una Sas) e notifcato al socio accomandante è legittimo, anche se quest’ultimo ha ceduto la propria quota nell’ambito della regolazione dei rapporti coniugali in sede di separazione giudiziale. Così ha deciso la Ctp di Milano 4726/19/2019 (presidente Celletti, relatore Chiametti), posto che il contribuente – socio accomandante non ha proceduto a dare tempestiva pubblicità nel registro delle imprese di tale fatto modificativo dell’atto costitutivo.
La contribuente, socia accomandante della Sas detenuta con l’ex marito socio accomandatario, contestava la legittimità dell’avviso di accertamento relativo alla società e ad ella notificato. Ciò in quanto la stessa, a seguito dell’accordo di separazione giudiziale con il coniuge, aveva ceduto la propria quota di partecipazione all’ex marito, perdendo così la qualifica di socia.
I giudici di prime cure, tuttavia, hanno ritenuto tali elementi fattuali del tutto irrilevanti, in quanto gli eventi modificativi dell’atto costitutivo e della vita della società non sono stati, nel caso di specie, oggetto di iscrizione e di conseguente pubblicità nel registro delle imprese, divenendo così non opponibili ai terzi.
La Ctp, richiamando la disciplina civilistica delle società di persone e le “norme applicabili” delle società in nome collettivo, ha attribuito rilevanza all’articolo 2300, codice civile, secondo cui le modificazioni dell’atto costitutivo (tra cui vi rientrano le cessioni delle partecipazioni e le variazioni delle stesse) vanno tempestivamente iscritte nel termine di trenta giorni all'ufficio del registro delle imprese.
In difetto di pubblicità, stante la natura dichiarativa della stessa, le modificazioni dell'atto costitutivo non possono essere opposte ai terzi, a meno che si provi che questi fossero comunque a conoscenza per motivi differenti.
I giudici milanesi, dando continuità ai precedenti di merito (Ctp di Milano 659/4/2019), hanno ritenuto che la pubblicità societaria sia un istituto di generale applicazione, con la conseguenza che la perdita della qualità di socio della società di persone a seguito di recesso, eclusione o cessione della quota, determinano una modificazione dell’atto costitutivo e, ai fini dell’opponibilità ai terzi, è necessario procedere alla relativa iscrizione nel registro delle imprese.
La disciplina generale non può nemmeno dirsi derogata dalla previsione di cui all’articolo 5, Dpr 917/1986 (Tuir), il quale, nel prevedere che la ripartizione delle quote societarie possa essere desunta anche da atto pubblico o da una scrittura privata autenticata, interviene sul piano sostanziale del rapporto societario e non circa gli effetti nei confronti dei terzi.
In conclusione, la sentenza appare essere condivisibile, in quanto la funzione della pubblicità dichiarativa è quella di assicurare la certezza dei rapporti giuridici, rendendo opponibili a determinati soggetti i fatti per cui è prevista. Sicché, la sua omissione preclude che il fatto possa produrre effetti giuridici nei confronti di tali soggetti.