Adempimenti

Accollo delle imposte in F24 con la clausola nel contratto

L’affitto rappresenta uno dei casi in cui farsi carico del debito è ritenuto ammissibile. Compensazione sempre vietata

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di Gabriele Ferlito

La risoluzione 59/E/2021, che ha istituito il codice identificativo «80» utilizzabile in F24 da martedì 12 ottobre, segue il provvedimento 244683/2021 delle Entrate, con cui sono state disciplinate le modalità di presentazione delle deleghe di pagamento per l’accollo del debito d’imposta altrui e sono state individuate le ipotesi in cui le stesse si considerano scartate. Lo stesso provvedimento chiarisce inoltre il regime sanzionatorio applicabile alle violazioni delle modalità di esecuzione dell’accollo e indica il procedimento per la riscossione degli importi dovuti.

Ma quali sono i tratti caratteristici dell’accollo in campo tributario? Partiamo dalla definizione. L’accollo è un contratto tra un debitore (accollato) ed un soggetto terzo (accollante) in forza del quale quest’ultimo si assume in carico il pagamento del debito del primo verso il creditore.

La matrice civilistica

L’istituto ha matrice civilistica ed è regolato dall’articolo 1273 del Codice civile che prevede: «Se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell’altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore. L’adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo. La normativa civilistica contempla dunque la possibilità che, per effetto dell’accollo, il debitore originario risulti liberato dall’obbligazione.

L’applicazione in ambito tributario

In materia tributaria, l’accollo del debito d’imposta è ammesso dall’articolo 8, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000) secondo cui «è ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario». Rispetto all’accollo civilistico, le disposizioni sull’accollo tributario non consentono la liberazione del debitore originario, ma prevedono il “cumulo” dell’obbligazione dell’accollante con quella dell’accollato, con la conseguenza che l’amministrazione finanziaria può rivolgersi ad entrambi per la riscossione delle somme.

Il divieto di compensazione

L’Agenzia ha fornito chiarimenti sull’istituto con la risoluzione 140/E/2017. Richiamando la giurisprudenza della Cassazione (Sezioni Unite 28162/2008), le Entrate hanno precisato che l’assunzione volontaria dell’impegno di pagare le imposte dovute dall’iniziale debitore non significa «assumere la posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma la qualità di obbligato (o coobbligato) in forza di titolo negoziale», tanto che l’Amministrazione finanziaria non può esercitare nei confronti dell’accollante i propri poteri di accertamento e di esazione, che possono essere esercitati solo nei confronti di chi sia tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale.

Sulla base di tali presupposti, le Entrate hanno negato la possibilità di soddisfare il debito tributario accollato mediante compensazione con crediti dell’accollante, come poi confermato dalla normativa specifica introdotta con il Dl 124/2019.

Quando l’accollo non è consentito

Vi sono peraltro alcuni casi in cui è la stessa legge a vietare l’accollo del debito tributario. È il caso delle norme che sanciscono l’obbligo della rivalsa del sostituto nei confronti del sostituito (articolo 23 e seguenti del Dpr 600/1973) o di quelle che impongono l’obbligo di rivalsa dell’Iva (articolo 18, comma 4, del Dpr 633/1972). Altre disposizioni di questo tenore si trovano poi in materia di imposta di registro (articolo 62 del Dpr 131/1986) e di imposta di bollo (articolo 23 del Dpr 642/1972).

Il caso del contratto di locazione

Al di fuori di queste ipotesi, l’accollo del debito d’imposta è ritenuto ammissibile. Nella pratica, spesso tali pattuizioni sono utilizzate nell’ambito dei contratti di locazione, per “traslare” sul conduttore le imposte connesse all’immobile locato (Imu, ma in passato anche la Tasi). La giurisprudenza (Cassazione, Sezioni Unite, n. 6882/2019) ha ritenuto valida la clausola di un contratto di locazione che prevede l’obbligo per il conduttore di farsi carico di ogni tassa, imposta ed onere relativo ai beni locati ed al contratto, tenendo manlevato il locatore.

Ciò, a condizione che la clausola sia stata prevista dalle parti come componente integrante la misura del canone locatizio complessivamente dovuto dal conduttore e non implichi una traslazione dell’obbligo tributario.

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