Affitti, rogiti e anagrafe: no agli acconti-fotocopia
Acconti fotocopia, ma non per tutti. In molti casi la prima rata dell’Imu e della Tasi 2017 – da pagare entro venerdì prossimo, 16 giugno – è identica alla seconda rata dello scorso anno. Ma l’importo va aggiornato quando sono cambiate le condizioni di possesso e utilizzo dell’immobile oppure quando il Comune ha modificato le aliquote dei due tributi.
Per legge, il pagamento della prima rata va eseguito sulla base dell’aliquota e delle detrazioni dei 12 mesi dell’anno precedente, dunque prendendo come riferimento le delibere 2016. Questo significa che se l’anno scorso il Comune ha modificato il livello del prelievo rispetto all’anno precedente, l’acconto 2017 sarà diverso dal saldo 2016.
È importante verificare le delibere sul sito del dipartimento delle Finanze (www.finanze.it). Ma nella maggior parte dei casi non ci saranno sorprese, perché nel 2016 i Comuni non potevano aumentare le aliquote, e pochi enti locali hanno avuto la forza economica di abbassarle. Ragion per cui, in molte città, la situazione è invariata dal 2014 o dal 2015, con aliquote spesso ai livelli massimi (11,4 per mille di somma tra Imu e Tasi sui fabbricati diversi dalla prima casa).
Il risultato è che – quasi sempre – a imporre un ricalcolo degli acconti sono le variazioni riconducibili alle condizioni del contribuente. Queste sono alcune delle situazioni più frequenti.
Cambio di residenza. L’abitazione principale è quella in cui il possessore ha la dimora abituale e la residenza anagrafica. Spostare la residenza da una casa a un’altra, quindi, comporta il passaggio da prima casa (esente) a seconda casa (tassata).
Variazione nelle locazioni. Quando una casa affittata resta sfitta (e viceversa) può cambiare l’aliquota da applicare. Il caso più semplice è quello dei Comuni che tassano entrambe le situazioni con aliquota ordinaria. Quello più complicato, invece, è il caso dei Comuni che non solo applicano aliquote Imu diverse per le case sfitte e locate, ma aggiungono anche la Tasi (che nel caso delle abitazioni grava sull’inquilino per una quota dal 10 al 30% secondo le decisioni comunali, ferma restando l’esenzione per le case usate dall’inquilino come abitazione principale).
Affitto a canone concordato. La locazione di una casa con contratto a canone concordato determina una riduzione del 25% delle aliquote locali. Se per qualche mese l’alloggio resta sfitto o locato a canone libero, questo si riflette sul conteggio.
Comodato. La concessione della casa in uso gratuito a un figlio o a un genitore potrebbe far scattare lo sconto “nazionale” del 50% (legato a condizioni molto restrittive) oppure – in abbinata o in sostituzione – eventuali agevolazioni comunali, talora estese a parenti di grado più lontano.
Vendita, acquisto, diritti reali. La cessione dell’immobile o il suo acquisto, così come la costituzione di diritti reali, sono situazioni che determinano una variazione del prelievo, perché cambia il soggetto tenuto al pagamento (ad esempio, dal pieno proprietario all’usufruttuario).
In tutti questi casi, l’acconto va calcolato “come se” la situazione attuale si dovesse protrarre per tutto il resto dell’anno.
Facciamo l’ipotesi di una casa che è rimasta sfitta dall’11 marzo scorso e per la quale, a oggi, non è ancora stata stipulata nessuna nuova locazione, anche se il proprietario è in parola con un potenziale inquilino che occuperà l’immobile dal 1° settembre. Vale sempre la regola che una frazione di mese pari ad almeno 15 giorni conta come mese intero. In questo caso, quindi, bisogna calcolare l’imposta annua “teorica” considerando due mesi di utilizzo come casa locata e dieci mesi come casa sfitta, e poi dividere il totale per due. Se l’abitazione sarà davvero affittata, il contribuente potrà usare l’eventuale aliquota comunale più favorevole in occasione del saldo del 18 dicembre e calcolare l’imposta annua “reale” contando sei mesi come casa sfitta e sei come locata, e poi scontando quanto versato in acconto. È chiaro che in questa ipotesi il saldo sarà più leggero dell’acconto.
Se, verificando le delibere comunali, ci si accorge che è stata decisa un’aliquota più bassa per il 2017, si ritiene che il contribuente possa utilizzarla già al momento dell’acconto.
È la legge stessa, poi, ad ammettere la possibilità di pagare l’intera imposta annua già il 16 giugno: una soluzione che può rivelarsi comoda quando le cifre in gioco, pur superiori al minimo di 12 euro (o diversamente stabilito dal Comune), sono comunque molto basse.