Affitti troppo bassi o beni «fermi» salvano l’operatività
Per dimostrare che non si è in presenza di un mero involucro societario, il contribuente è tenuto a fornire la prova contraria che la società ritenuta presuntivamente di comodo risulta, invece, costituita per l’esercizio di un’attività economica reale e che il mancato superamento del test di operatività previsto dall’articolo 30 della legge 724/1994 è dipeso da cause oggettive.
A prescindere della scelta operata circa la presentazione preventiva dell’interpello o la costituzione del set documentale da utilizzare ex post a fondamento della difesa del proprio operato in caso di accertamento da parte dell’Agenzia, valide motivazioni potrebbero sussistere in presenza, in primo luogo, di caratteristiche dei beni di proprietà dell’impresa tali da non poter essere messi facilmente a reddito per via delle condizioni specifiche del mercato di riferimento.
Il caso affrontato dalla Cassazione nella sentenza, n. 5080/2017, con il quale è stata esaminata l’ipotesi di una società proprietaria di una fresa escavatrice utilizzabile per la realizzazione di una linea di metropolitana, ne è un esempio emblematico in quanto anche in ipotesi di possesso di un unico bene strumentale, non utilizzato in un determinato esercizio per via delle proprie tipicità costruttive e di impiego (con il conseguente mancato raggiungimento del livello minimo di ricavi presunto dalla norma) rappresenta una situazione obiettiva tale da poter giustificare il mancato esercizio dell’attività. Secondo la Corte, infatti, la nozione di «impossibilità» prevista dal comma 4-bis dell’articolo 30 non deve essere intesa in termini assoluti ma in termini economici, avendo a riferimento le effettive condizioni del mercato.
Anche l’affitto a terzi dell’azienda, ancorché a un canone non sufficiente per il raggiungimento dei ricavi minimi previsti dal conteggio presuntivo, rappresenta un comportamento ritenuto apprezzabile dalla giurisprudenza sotto l’aspetto economico per escludere la società dalla disciplina delle società di comodo (Ctr Firenze 4 maggio 2016, n. 800/5/16), Ctp Udine, sentenza 16 marzo 2012, n. 41/02/12). In queste ipotesi, infatti, accertata la presenza di un contratto di affitto d’azienda, l’obbligo di dimostrare che la misura del canone avrebbe potuto essere più elevata è posto in capo all’ufficio (Ctr di Genova, sentenza 3 febbraio 2011, n. 17). In tutti questi casi resta inteso, ovviamente, che la società deve fornire prova con elementi fattuali e dati concreti delle oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi previsto dalla norma, in assenza dei quali resta, invece, applicabile, la normativa di sfavore (Cassazione, sentenza 21 febbraio 2018, n. 4156).
Infine va ricordato che, secondo l’orientamento della Cassazione (sentenze 21 giugno 2016, n. 12777 e 30 giugno 2016, n. 13378), è ammissibile la difesa in giudizio avverso lo status di società non operativa anche qualora la società si sia adeguata al livello minimo di ricavi in occasione della presentazione della dichiarazione ma non abbia poi proceduto al pagamento degli importi dovuti, con conseguente emissione delle relative cartelle di pagamento.