Registro del 9% sull’acquisto del terreno se il coltivatore diretto rinuncia all’agevolazione
Non si applica l’imposta di registro al 15% prevista per i soggetti estranei alla professione agricola
Assolve l’imposta di registro con l’aliquota del 9% l’acquisto di terreno agricolo effettuato dal coltivatore diretto o dall’imprenditore agricolo professionale (Iap) il quale rinunci a richiedere l’agevolazione di cui all’articolo 2, comma 4-bis, Dl 194/2009, vale a dire l’applicazione delle imposte di registro e ipotecaria in misura fissa e dell’imposta catastale con l’aliquota dell’1 per cento. Lo ammette l’agenzia delle Entrate nella risposta a istanza di consulenza giuridica n. 7 del 24 giugno 2020.
La compravendita di terreni agricoli è soggetta, dal punto di vista delle imposte indirette, alle seguenti variabili:
a) se acquirente non è un coltivatore diretto né uno Iap, l’aliquota dell’imposta di registro è stabilita nel 15% (articolo 1, Tariffa Parte Prima allegata al Dpr 131/1986), mentre le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura fissa di euro 50 cadauna;
b) se acquirente è un coltivatore diretto o uno Iap, le imposte di registro e ipotecaria sono dovute nella misura fissa di euro 200 e l’imposta catastale deve essere calcolata con l’aliquota dell’1% (articolo 2, comma 4-bis, Dl 194/2009).
Si pone il tema, non oggetto di una esplicita previsione normativa, di quale sia la tassazione applicabile se l’acquisto del terreno agricolo venga effettuato da un coltivatore diretto o da uno Iap che non intendano avvalersi di questa disciplina di favore di cui al Dl 194/2009.
La ragione del respingimento del beneficio fiscale si rende ipotizzabile, ad esempio, nel caso in cui l’acquirente già sappia, in sede di acquisto, che subirà la decadenza dall’agevolazione. Quest’ultima, infatti, è condizionata al fatto che i terreni non vengano venduti prima del decorso di un quinquennio dal loro acquisto oppure che l’acquirente, sempre entro il quinquennio, non cessi dal coltivarli direttamente (si tratta di una decadenza che non comporta sanzioni, ma solo l’applicazione della tassazione “ordinaria”).
Ebbene, c’è il dilemma se al coldiretto o allo Iap che rinunci volontariamente all’agevolazione di cui al Dl 194/2009 si applichi l’aliquota del 15% (preordinata a disincentivare l’acquisto della terra agricola da parte di “estranei” all’agricoltura) o l’aliquota del 9 per cento, vale a dire l’aliquota che si applica (articolo 1, Tariffa Parte Prima allegata al Dpr 131/1986) a qualsiasi trasferimento immobiliare diverso dall’acquisto della “prima casa” e diverso, appunto, dall’acquisto dei terreni agricoli da parte di soggetti diversi dal coldiretto o dallo Iap.
La risposta dell’Agenzia chiarisce che all’acquisto di terreno agricolo da parte del coldiretto o dello Iap che rinuncino all’agevolazione di cui al Dl 194/2009 si applica l’aliquota del 9 per cento (sulla base imponibile rappresentata dal valore venale del bene oggetto di compravendita), non potendosi applicare l’aliquota del 15 per cento proprio in quanto quest’ultima aliquota d’imposta è riservata a coloro che non appartengono al novero dei soggetti la cui attività lavorativa è estranea all’esercizio professionale dell’agricoltura.