Amazon «diventa» italiana per il Fisco
Dopo Google e Apple – 306 e 318 milioni per la rideterminazione dei redditi 2008/13 – anche Amazon chiude i conti del passato con il Fisco italiano. Ieri lo staff dell’Agenzia e il pool dei difensori e consulenti hanno firmato un accordo da 100milioni e spiccioli per le annualità 2011/15, preludio all’archiviazione dell’inchiesta penale del pool reati finanziari della Procura di Milano. C’è infatti una differenza significativa nella vicenda giudiziaria tra le prime due web company e il principale store digitale del pianeta. Amazon all’epoca dello sbarco in Italia, sei anni fa, aveva chiesto un ruling internazionalecon l’Agenzia, chiedendo in sostanza come comportarsi con la diramazione italiana «Asi srl», ma l’iniziativa investigativa della Gdf aveva bloccato la procedura.
La firma di ieri fissa un importante approdo per l’erario circa la «stabile organizzazione» del grande store virtuale (che poi tanto virtuale non è). Se è vero che dal 2015 Amazon aveva già “virato” verso le regole fiscali nazionali, l’accordo odierno è perfettamente in linea con le linee guida della “web tax” italiana in vigore dallo scorso anno: si tratta in sostanza di una compliance volontaria della società di Jeff Bezos, a cui ora manca solo un’importante regola applicativa per il futuro, cioè un nuovo ruling internazionale che definisca (e limiti) l’utilizzo di nuovi (in realtà classici) metodi elusivi, a cominciare dal transfer pricing.
Se è presto per brindare, non si può comunque sottovalutare lo spirare di un vento nuovo sul tema della fiscalità digitale, dopo che martedì anche Facebook aveva annunciato di introdurre in 26 Paesi, Italia compresa, strutture di vendita nazionali (cioè «stabile organizzazione)» per pagare tasse più “ragionevolmente” significative là dove si produce reddito.
Per Ernesto Maria Ruffini, direttore delle Entrate «la piena collaborazione con la Procura di Milano e la Guardia di finanza ha portato, ancora una volta, un risultato positivo che fa compiere un altro importante passo in avanti all’Italia, capofila in Europa e nel dibattito internazionale in materia di fiscalità legata a chi fa business nel mondo globale dell’economia digitale. Il Fisco può e deve essere spinta e motore di crescita per il Paese». Secondo Francesco Boccia, ispiratore della web tax tricolore, « è la conferma che la web tax transitoria oggi in vigore sta funzionando».
Amazon sottolinea che «in Italia abbiamo investito oltre 800 milioni di euro dal 2010 e creato oltre 3.000 posti di lavoro. A maggio 2015 abbiamo costituito la succursale italiana di Amazon Eu Sarl che registra tutti i ricavi, le spese, i profitti e le imposte dovute in Italia per le vendite al dettaglio».
Risolta l’Italia, il gruppo di Bezos rimane però all’indice dell’Europa. Il governo del Lussemburgo ha fatto appello ieri alla Corte di Giustizia contro la decisione della Commissione europea che gli aveva chiesto di recuperare 250 milioni di euro di aiuti di Stato illegali ad Amazon. Per il Lussemburgo, «la Commissione non ha stabilito l’esistenza di un vantaggio selettivo» e il Governo «non condivide l’analisi sullo spostamento dei profitti». Profit shifting da cui ricomincia, già da oggi, il braccio di ferro sulle tasse digitali.