Ammissibile l’appello che non contesta la genericità della motivazione
Nella circostanza in cui la motivazione di una sentenza risulta essere generica, l’atto di appello che non contrasta in alcuna maniera la decisione impugnata per un supposto difetto di specificità delle motivazioni e che si limita a ripresentare le contestazioni precedentemente evidenziate nel ricorso introduttivo, deve essere considerata ammissibile.
A tale conclusione è giunta la Ctr della Lombardia attraverso la sentenza n. 2995/XXII/2017 depositata in segreteria il 5 novembre 2017.
I giudici ambrosiani si sono occupati della datata diatriba afferente al gravame della specificità in riferimento alle motivazioni dell’atto di appello. Siamo difatti al cospetto di un consolidato orientamento per il quale, l’inserimento di puntuali motivazioni di impugnazione rappresenta una prerogativa sostanziale dell’atto di appello, che permette di identificare gli argomenti fondanti l’oggetto e l’ambito del riesame da parte della Ctr, di sottolineare le inesattezze compiute dai giudici di prime cure e di evidenziare le motivazioni in forza delle quali si sollecita la correzione della sentenza.
Ai sensi dell’articolo 53 del Dlgs 546/1992 il ricorso in appello deve contenere chiaramente le motivazioni della sentenza impugnata e una espressa censura del nucleo essenziale della stessa, in modo da incrinare il fondamento logico e giuridico non potendosi, al contrario, limitarsi a riprodurre le difese svolte in primo grado, senza indicare le argomentazioni che sorreggevano la decisione impugnata e senza attaccarle con appropriate controdeduzioni.
L’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi e la riproposizione delle difese enunciate nel ricorso introduttivo rende inammissibile l’appello in quanto privo di specifici motivi di censura della sentenza di primo grado, qualora riproponga pedissequamente le argomentazioni già sviluppate nel precedente grado di giudizio (Ctr Lombardia sent. 125/12/2013).
Tuttavia, nella vicenda in esame, l’atto di appello del contribuente palesava le menzionate mancanze e proprio sula base di ciò l’amministrazione finanziaria resistente aveva fondato la propria richiesta di inammissibilità. Eppure i giudici ambrosiani hanno superato il vincolo adoperando, quale argomentazione, il puntuale riferimento dell’atto di appello alla sentenza impugnata in quanto, la medesima, risultava contenere una motivazione generica, densa di rimandi ad altre sentenze e ai postulati di diritto adottati, facendo venire meno, pertanto, ogni specifico riferimento alla circostanza oggetto di valutazione.
A parere dei giudici lombardi, considerate le carenze motivazionali della pronuncia di primo grado, il contribuente non era nella condizione di orientare le proprie contestazioni avverso la sentenza e, di conseguenza, la sanzione di inammissibilità dell’atto di appello non può essere approvata, tenendo in debita considerazione la posizione morbida assunta dalla Suprema Corte. Gli ermellini, attraverso l’ordinanza n. 125/2017, hanno infatti sostenuto che la banale riproduzione delle motivazioni contenute nel ricorso di primo grado, ottempera al gravame dell’impugnazione puntuale comandato dall’articolo 53 del Dlgs n. 546/1992, considerata l’impronta devolutiva dell’atto di appello che rappresenta uno strumento finalizzato a conseguire il riesame nel merito della controversia e non la semplice verifica delle irregolarità specifiche della sentenza.
Però la sentenza della Corte Suprema a sezioni unite n. 8825/2017, emessa in ambito penale richiamando il concetto di specificità dei motivi dal processo civile, ha sottolineato la necessità di rilievi critici a supporto della richiesta di riforma della sentenza impugnata.
Non è pertanto sufficiente affermare che la sentenza è illegittima in fatto o in diritto o che il giudice non ha applicato correttamente le norme o ha frainteso un fatto o una prova, ma è necessario precisare chiaramente la violazione sostanziale o processuale intervenuta nella sentenza impugnata.
Risulta pertanto indispensabile, anche nel processo tributario, che le deduzioni dell'appellante rappresentino in maniera compiuta e intellegibile i motivi di gravame che devono risultare in stretta correlazione con il contenuto della motivazione della sentenza impugnata, al fine di non incorrere nell’inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio.
Ctr Lombardia sentenza n. 2995/XXII/2017