Imposte

Anche sulle sanzioni pronunce divise tra Agenzia e Corte

di Gianfranco Ferranti

Non sono applicabili, a causa della sussistenza di obiettive condizioni di incertezza, le sanzioni ai fini dell’Irap per gli anni precedenti al 2016, nel corso del quale sono state emanate dalle Sezioni Unite della Cassazione le sentenze 7291, 7371 e 9451, che hanno risolto le questioni relative alla sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione per le attività professionali svolte in forma associata e per i casi di impiego di un collaboratore con funzioni esecutive. Questo importante principio, affermato nell’ordinanza della Suprema corte 25853/2016, può rivestire grande importanza per numerosi contribuenti.

Si pensi, ad esempio, ai partecipanti alle associazioni professionali che avevano sostenuto l’assenza del detto requisito dimostrando di non essersi avvalsi reciprocamente della collaborazione e delle competenze professionali nonché della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze. Tale comportamento risultava, peraltro, in linea con la prevalente giurisprudenza della stessa Corte anteriore alla sentenza a Sezioni Unite 7371/2016, che ha sancito che l’attività esercitata dalle società semplici e da queste associazioni costituisce in ogni caso presupposto dell’imposta, trattandosi di soggetti «strutturalmente organizzati”»

In sede di risposta, resa il 6 ottobre 2016, al question time 5-09636 era stato, invece, affermato che non sarebbero ravvisabili in tali casi profili di incertezza nella giurisprudenza della Cassazione ma l’Amministrazione finanziaria avrebbe approfondito la tematica, al fine di individuare «le possibili soluzioni idonee a contemperare le esigenze dei contribuenti e le pretese erariali».

La soluzione alla vicenda è stata ora fornita nell’ordinanza 25853/2016, che ha sancito la possibilità di disapplicare le sanzioni, in quanto l’ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale ha trovato soluzione soltanto a seguito delle già ricordate sentenze delle Sezioni Unite.

I compensi a terzi

Un’altra questione in merito alla quale sussistono notevoli profili di incertezza è quella riguardante la possibilità di desumere l’impiego non occasionale di lavoro altrui dall’erogazione di compensi a terzi.

Finora la Cassazione ha ritenuto, nella sua prevalente giurisprudenza, che qualora non risulti accertata la natura del rapporto occorra fare riferimento all’entità degli emolumenti corrisposti. Appare, però, problematico determinare il criterio per individuare l’ammontare di spesa sostenuta idoneo a far insorgere il presupposto impositivo. Nell’ordinanza 3502/2017 è stato fatto, ad esempio, generico riferimento all’erogazione di «elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività».

Si ritiene, pertanto, che anche in tali casi, nonostante l’assenza di sentenze della Cassazione a Sezioni unite, possano essere disapplicate le sanzioni, così come in quello relativo ai compensi percepiti da amministratori e sindaci di società (atteso il contrasto tra la posizione dell’Agenzia e quella della Corte).

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