Appalti, esclusione da limitare agli omessi versamenti
Sta facendo molto discutere e comprensibilmente preoccupare la norma introdotta nel Dl sblocca cantieri (Dl 32/2019) in base alla quale viene prevista, in aggiunta alle già vigenti cause di esclusione delle procedure di gara (articolo 80 comma 4 Dlgs 50/2016), la non ottemperanza «agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati».
La principale questione attiene la portata della locuzione «obblighi relativi al pagamento delle imposte non definitivamente accertati». Letteralmente si dovrebbe riferire ad omessi versamenti rispetto a quanto dichiarato dall’impresa concorrente e non rispetto a rettifiche ed accertamenti. Questa interpretazione risolverebbe buona parte del problema e risponderebbe anche a criteri di buon senso: se un’impresa intende partecipare a una gara è giusto che versi le imposte che ha dichiarato. Peraltro, come previsto sempre dal comma 4, potrebbe comunque partecipare pagando anche a rate prima della scadenza della domanda.
Se invece per «obblighi relativi al pagamento delle imposte» si intende far riferimento anche agli accertamenti in rettifica operati dagli uffici, la questione si amplia di parecchio. Va escluso, innanzitutto, che la norma possa comportare l’obbligatoria acquiescenza alle rettifiche dell’amministrazione (o la ricerca di strumenti alternativi di chiusura della lite, pace fiscale compresa) pena l’esclusione dalle gare, perché si tratterebbe di una palese violazione al diritto di difesa costituzionalmente garantito. Occorre allora comprendere come contemperare le varie esigenze tenendo presente che, nella maggior parte dei casi, in presenza di ricorso tributario, è comunque dovuta una somma a titolo provvisorio.
Certamente, la soluzione più immediata viene offerta dall’ultimo periodo del quarto comma, in base al quale è sufficiente l’impegno al pagamento perfezionato anteriormente alla scadenza della domanda. Tradotto in termini concreti, per le imprese che intendono contestare la pretesa del fisco e partecipare alla gara, equivarrebbe alla presentazione della domanda di rateazione di quanto dovuto a titolo provvisorio. In questa ipotesi occorrerebbe chiarire però gli effetti della concessione della sospensione di tale pagamento da parte del giudice tributario e cioè se l’interruzione dei pagamenti, per effetto del provvedimento giudiziario, possa comportare comunque l’esclusione.
Inoltre, in molti casi l’iscrizione a ruolo provvisoria non c’è, sia perché si tratta di rettifiche in cui non è consentita (si pensi agli accertamenti da abuso del diritto), sia perché il contribuente, avendo avuto ragione in primo o in secondo grado, non deve nulla all’erario in pendenza di giudizio. Da questa circostanza pare conseguire che l’inadempimento comportante l’esclusione, introdotto dal decreto, in realtà dovrebbe al più far riferimento non ai carichi pendenti certificati dall’agenzia delle Entrate (che riportano tutte le rettifiche, anche quelle in cui l’ufficio sia risultato soccombente in attesa di sentenza definitiva), ma i carichi consegnati all’agente della Riscossione non sospesi.
Così interpretando l’applicazione della nuova esclusione non opererebbe: se il contribuente sia risultato vittorioso nell’ultima decisione, ovvero non sia prevista iscrizione a ruolo in pendenza di giudizio di primo grado; in caso di soccombenza, di rigetto della sospensiva o di volontario pagamento a titolo provvisorio, il contribuente provveda al versamento rateale.
Un’ultima notazione attiene l’eventuale introduzione di una soglia più alta (ora è di 5mila euro) dell’inadempimento per far scattare la possibile esclusione. Va evidenziato che in molti casi sono proprio gli accertamenti con cui l’Agenzia richiede somme elevate a rivelarsi più infondati, se basati su questioni interpretative e non su comportamenti volutamente illeciti. Tale accorgimento quindi risulterebbe privo di efficacia.
C’è allora da sperare che, ove la norma non sia abrogata in sede di conversione, venga ufficialmente interpretata nel senso che l’omesso versamento debba risultare rispetto a quanto dichiarato e non a quanto accertato o, in caso contrario, che si faccia riferimento ai soli carichi esigibili e non sospesi consegnati all’agente della Riscossione.
Differenti soluzioni rischierebbero non solo di danneggiare le imprese, ma anche di alimentare il contenzioso amministrativo sulle esclusioni da parte delle stazioni appaltanti, senza contare, infine, le eventuali conseguenze - sotto il profilo risarcitorio - cui si esporrebbero i funzionari dell’agenzia delle Entrate, nel caso in cui i loro accertamenti, che vadano a determinare l’esclusione dalla gara, si rivelino poi, per decisione del giudice, palesemente infondati.