Contabilità

Assegnazioni, terreno coltivato dalla società fuori dall’agevolazione

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di Gian Paolo Tosoni

Il terreno coltivato direttamente dalla società non può essere assegnato ai soci in forma agevolata trattandosi di immobile strumentale per destinazione. Lo precisa la Corte di Cassazione, sezione tributaria, con sentenza n. 18467/17 depositata il 26 luglio scorso (presidente Bielli, relatore Bruschetta). La questione pur essendo riferita ad un accertamento del 1999 è di estrema attualità in quanto riguarda l’assegnazione agevolata degli immobili ai soci il cui termine è stato riaperto al 30 settembre 2017 dall’articolo 1, commi 565/566 della legge 232/2016.

Con ricorso presentato in Cassazione, una società impugnava la sentenza con cui la Ctr Lazio aveva rigettato il suo ricorso e confermato l’avviso di accertamento negando i benefici di cui alla legge 449/1997 in relazione alla assegnazione di beni ai soci.

Nel caso in esame, l’agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione la plusvalenza derivante dalla assegnazione di un terreno in gran parte coltivato direttamente nell’anno dell’assegnazione, ritenendo che la coltivazione in essere conferiva al terreno la natura di bene strumentale per destinazione e, quindi, lo escludeva dalla disciplina agevolativa che riguardava le altre categorie di immobili. I presupposti per la agevolazione erano identici a quelli previsti dall’articolo 1, comma 115, della legge 208/2015.

La società ricorrente aveva impugnato l’avviso di accertamento contestando l’errata applicazione dell’articolo 40 del Tuir (ora articolo 43) poiché, essendo il terreno coltivato solo in parte e ai soli fini di “pulizia”, lo stesso non poteva considerarsi strumentale all’attività agricola. Il terreno, inoltre, era stato inserito nel PRG e ciò, secondo la ricorrente, comportava l’impossibilità di considerarlo come utilizzato esclusivamente per l’attività agricola ancorché non fosse ancora stato presentato il piano attuativo: in effetti se il terreno potesse essere considerato edificabile avrebbe cambiato natura divenendo bene merce e quindi assegnabile in forma agevolata.

I giudici di Cassazione, risolvono la questione a favore dell’amministrazione finanziaria. Osservano, infatti, che la coltivazione del terreno per una parte non è condizione sufficiente a far venire meno la natura strumentale del terreno, il quale resta idoneo a produrre reddito agrario. La circostanza poi che il terreno fosse stato incluso nel piano regolatore come edificabile, veniva giudicata irrilevante ai fini della qualificazione del terreno come non strumentale poiché non distratto dalla attività agricola; senza l’attuazione del Piano regolatore, infatti, l’edificabilità del terreno non può considerarsi effettiva ma sussiste solo una “vocazione edificatoria” insufficiente a far venire meno la natura strumentale agricola del terreno.

Per questi motivi, la Suprema corte ritiene infondato il ricorso e lo rigetta affermando il principio secondo cui un terreno coltivato da una società, deve essere ritenuto strumentale e quindi escluso dalla agevolazione. Nel dispositivo tuttavia la Suprema Corte confonde la definizione dell’immobile classificandolo strumentale per natura. Se lo fosse stato la agevolazione spettava in quanto l’articolo 29 della legge 449/97 escludeva il beneficio solo per gli immobili strumentali per destinazione e la ammetteva per quelli per natura oltre che per quelli merce o patrimonio.

Peraltro il terreno agricolo, secondo la prassi consolidata (si vedano le istruzioni ministeriali alla compilazione della dichiarazione dei redditi) quando viene coltivato direttamente dal proprietario assume la natura di bene strumentale per destinazione. Quando invece viene locato a terzi si considera bene patrimonio più che bene strumentale per natura in quanto oggetto e non strumento della attività di locazione. Anche l’attuale normativa rende agevolabili le assegnazioni di immobili strumentali per natura, patrimonio e merci.

La sentenza n.18467/17 della Cassazione

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