Professione

Avvocati: sì alla pubblicità purché non comparativa

Le regole del codice deontologico da non dimenticare quando uno studio fa attività di comunicazione

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di Massimiliano Carbonaro

Ci si muove lungo una linea sottile quando uno studio legale o un avvocato fanno attività di comunicazione. Non è semplice, infatti, restare nei limiti del codice deontologico, un equilibrio spesso messo in difficoltà soprattutto nell’uso dei social, percepiti come un ambito meno rigido dove esprimersi. La legge 247/2012, di riforma dell’ordinamento forense, all’articolo 10 fornisce alcune indicazioni: è consentita la pubblicità informativa sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli posseduti.

Sono ammesse pubblicità e informazioni con qualunque mezzo (purché veritiere e corrette) ma non devono essere comparative rispetto ad altri professionisti e non devono andare oltre i limiti della propria responsabilità professionale. Un parere del Consiglio nazionale forense (il 49/2011) chiarisce che un avvocato può utilizzare i social per un’attività di comunicazione professionale; mentre un altro parere ribadisce che l’attività pubblicitaria indiscriminata non è consentita. A chiare lettere si ribadisce che è permessa solo un’attività mirata a fornire informazioni sui servizi professionali e sulla propria attività.

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