Base ristretta, rettifica anche sui costi indeducibili
Rischi di indebita applicazione di tassazione per trasparenza
Anche i costi indeducibili possono legittimare la rettifica nei confronti dei soci di una società a ristretta base partecipativa. Questo perché anche i costi incidono sulla determinazione del reddito d’impresa, con l’effetto che l’esistenza di un maggior reddito distribuibile ben può derivare da costi indeducibili o non documentati. Con l’ordinanza 25322/2022, depositata il 25 agosto, la Corte di cassazione ribadisce un orientamento che sembra dimenticare i fondamenti del Tuir e del reddito d’impresa.
Gli utili imputati ai soci di una società a ristretta base conservano ovviamente la natura di reddito di capitale. In quanto tale, il criterio di tassazione è quello di cassa (articolo 45 del Tuir). Ne deriva che anche assumendo la validità della presunzione, pressocchè automatica nel pensiero dei giudici di vertice, di imputazione ai soci del maggior reddito accertato in capo alla società, occorre che alla base vi siano dei componenti suscettibili di tradursi in esborsi finanziari in nero. Tali possono essere i ricavi e al più i costi oggettivamente inesistenti.
Viceversa, in caso di costi effettivamente sostenuti ma indeducibili, per le più svariate ragioni – difetto di competenza, limiti posti dalla disciplina fiscale, o altro –, la società non ha certamente occultato delle disponibilità finanziarie idonee a essere erogate ai soci.
Viene quindi da chiedersi, sempre seguendo il ragionamento della Corte, in presenza di costi non di competenza da dove avrebbe attinto la società le somme da distribuire “in nero”? E nell’esercizio in cui il costo è diventato di competenza, come si riequilibra la tassazione ingiustamente subita dal socio?
È evidente peraltro che tale orientamento confonde la nozione di reddito d’impresa – che è una componente determinata con il criterio di competenza e con le variazioni imposte dal Tuir – con gli utili distribuibili, che invece dipendono dalla liquidità a disposizione della società. Non c’è nessuna corrispondenza automatica tra l’accertamento di un maggior reddito e la formazione di risorse finanziarie conseguenti.
È necessario quindi che la Corte torni alla ratio originaria degli accertamenti delle società a ristretta base, che risiede nel rilevare che se la società ha incassato delle somme in nero è verosimile che le stesse siano state ripartite tra i soci.
La deriva giurisprudenziale a cui si sta assistendo negli ultimi anni si traduce invece nell’indebita applicazione della tassazione per trasparenza, al di fuori di qualsiasi parametro normativo. Con una aggravante: almeno nella trasparenza la società non paga imposte sui redditi, mentre nell’accertamento in esame, secondo la Cassazione, le imposte devono richieste per intero sia alla società che ai soci.
Senza dimenticare che nelle rettifiche delle società a ristretta base, dall’utile imputato ai soci non vengono neppure scomputate le imposte dovute dalla società.