Base ristretta, stop ai costi indeducibili
È legittima l’attribuzione presuntiva ai soci di società di capitali a ristretta base azionaria di maggiori ricavi accertati, ma la stessa presunzione non opera per la parte di rettifica riferita a costi disconosciuti perché indeducibili. Ad affermare questo principio è la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 22/2/2018 depositata il 15 marzo 2018 (presidente e relatore Montanari).
Il ricorso traeva origine da un avviso di accertamento ai fini Irpef, emesso dall’agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2011 nei confronti di una persona fisica, socio, con altri di una Srl.
In capo alla società era stato accertato un maggior reddito d’impresa riferito però a costi ritenuti relativi a fatture per operazioni inesistenti. Da qui, l’ufficio aveva accertato un maggior reddito in capo ai soci, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.
In particolare, l’Agenzia aveva applicato il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (da ultimo Cassazione 27778/2017), secondo cui, per le società a ristretta base partecipativa, vige la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili accertati in capo alle stesse.
Avverso l’avviso di accertamento, il contribuente proponeva ricorso contestandone la legittimità: oltre a lamentare la mancata definizione del provvedimento della società, ancora pendente in altra Ctp, contestava l’applicazione della presunzione, poiché mancava la prova di aver realmente incassato utili extracontabili.
La Ctp ha ritenuto fondato il ricorso. Il collegio, innanzitutto, seguendo il principio di diritto affermato dalla Cassazione (ordinanza 19013/2016), ha confermato l’indipendenza dei due giudizi (il primo in capo alla Srl e il secondo in capo al socio) con la conseguenza che non era necessario attendere la definizione del primo contenzioso per definire il secondo.
Nel merito la Ctp ha condiviso l’orientamento della Suprema corte, precisando tuttavia, che, come evidenziato anche dalla dottrina, la presunzione è giustificata dal fatto che, nelle società a ristretta base azionaria, si determina, tra i soci, un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo, tale da determinare una sorta di “complicità” tra gli stessi. Si ha, di fatto, una equiparazione rispetto alle società di persone ove opera la presunzione (legale) dell’imputazione pro quota attraverso il principio di trasparenza, senza, però, che in questo caso ci sia alcun valido riferimento normativo a supporto. Dinanzi a tale presunzione, il contribuente può offrire prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti.
La Ctp, così, ha rilevato che affinché la presunzione sia applicabile occorre che l’utile extracontabile derivi da «maggiori ricavi imponibili», visto che solo da questi i soci possono trarre la provvista per dividersi l’utile.
Nel caso oggetto di ricorso, invece, l’utile derivava da minori costi deducibili i quali non potevano certo creare una provvista finanziaria.
Il collegio emiliano, quindi, ha accolto il ricorso perché era lo stesso avviso di accertamento ad escludere la sussistenza di maggiori ricavi, dato che rettificava solo la deducibilità di alcuni costi.