Imposte

Bonus casa, conti da rifare dopo la stretta

L’alternativa alla monetizzazione è l’uso diretto, impossibile per forfettari e limitato dall’incapienza

di Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

La stretta antifrodi sui bonus casa mette a dura prova anche chi vuol fare le cose in regola.

Proprietari e professionisti con lavori in corso stanno cercando in questi giorni di perfezionare le cessioni dei crediti d’imposta, scongiurando il rischio che i bonus diventino di fatto “incedibili”. L’allungamento fino al 16 febbraio del periodo transitorio dà un po’ di respiro in più, prima che scatti il divieto di cessioni successive alla prima. Ma di questa boccata d’ossigeno beneficia soprattutto il mercato secondario, compresi gli istituti di credito che hanno più tempo per ottimizzare la collocazione dei bonus tra le società del gruppo. Sul mercato primario, invece, ci sono grandi difficoltà: tra obbligo di asseverazione, divieti in arrivo e indagini sulle frodi, molti potenziali compratori (banche, poste e assicurazioni) hanno già bloccato o rallentato gli acquisti dei crediti.

Così, chi non ha ancora avviato i cantieri – o, comunque, non ha ancora maturato un credito cedibile – deve rifare i conti sulla convenienza, con l’aggravante di un quadro normativo ancora in evoluzione e atipico. Basti pensare che a correggere il decreto legge Sostegni-ter è stata, giovedì scorso, una Faq delle Entrate, poi ripresa venerdì da un provvedimento del direttore dell’Agenzia.

La stretta alle cessioni si è resa necessaria per arginare le frodi, con 2 miliardi di crediti fittizi già monetizzati. Ma l’effetto indiretto è che oggi non si può essere certi di trovare subito un compratore. Tanto che il Servizio studi del Senato ha chiesto di approfondire l’eventuale minor gettito derivante da un rallentamento dei lavori agevolati.

Nell’incertezza, va quanto meno riconsiderato il vecchio schema: cioè, il recupero delle detrazioni in dichiarazione dei redditi sotto forma di riduzione dell’imposta.

Prendiamo il cambio della caldaia in una casa monofamiliare (caso n. 2 nelle schede). Poniamo che il costo “chiavi in mano” del nuovo impianto – agevolato dall’ecobonus al 65% – sia 6mila euro. Se la ditta offre lo sconto in fattura, il proprietario deve pagare 2.100 euro, più gli oneri finanziari di 850 euro (a copertura dei costi sostenuti dall’impresa per farsi anticipare la liquidità e cedere a una banca il bonus). Di fatto, il proprietario chiuderebbe l’operazione pagando circa metà della spesa ed eviterebbe i costi extra per l’asseverazione e il visto di conformità (non necessari, secondo la manovra 2022, per i lavori fino a 10mila euro e in edilizia libera). Senza sconto in fattura – e senza cessione – dovrebbe invece pagare tutti i 6mila euro e poi recuperare 3.900 euro come sgravio dall’Irpef spalmato in dieci anni dal 2023.

La ripresa dell’inflazione (+4,8% annuo il dato provvisorio di gennaio) rende senz’altro meno vantaggioso il rimborso fiscale decennale. Ma non è questo oggi l’inconveniente principale delle detrazioni. Piuttosto, quando l’investimento aumenta, il bonus arriva a cifre che pochi possono scaricare. Acquistare una villetta dal costruttore con il sismabonus (caso n. 5) può lasciare una detrazione di 16.320 euro all’anno per 5 anni, che per essere assorbita richiede un reddito di almeno 54.500 euro (sempre che non ci siano altre detrazioni). Un livello reddituale raggiunto da meno di un contribuente italiano su 20. Lo stesso problema si pone per il superbonus, che dal 2022 si recupera in quattro rate.

L’altro inconveniente delle detrazioni riguarda coloro che applicano il forfettario, oltre 1,9 milioni di persone. Non pagando Irpef, hanno bisogno di cessione o sconto in fattura.

Anche quando non ci sono questi inconvenienti, per sfruttare direttamente le detrazioni c’è bisogno di un proprietario che possa anticipare tutta la spesa e poi recuperarne una parte nel tempo. Il fatto che 10,3 milioni di contribuenti su 41,5 abbiano usato il bonus del 50% (fonte: dichiarazioni 2020) dimostra che lo strumento della detrazione ha comunque un suo appeal. Ma è noto che si tratta per lo più di lavori su abitazioni singole e di piccoli interventi condominiali, spesso non rinviabili. I grandi interventi di riqualificazione dei condomìni, invece, sono molto difficili da deliberare senza meccanismi di cessione del credito e contestuale finanziamento. Anzi, anche quando il bonus viene ceduto e il condominio si fa finanziare, se la detrazione non è molto elevata i proprietari devono comunque farsi carico di una quota significativa dei costi (caso n. 4). Ma questo solleva un altro tema: fino a che punto lo Stato debba finanziare con la fiscalità generale la riqualificazione edilizia e per quale tipo di interventi.

Le simulazioni

Ristrutturazione 50% - Due opzioni per usare il credito del saldo
Il proprietario di un alloggio ha avviato a settembre 2021 lavori di manutenzione straordinaria. A ottobre, prima del decreto Antifrodi, ha ceduto a una banca la detrazione del 50% su 30mila euro di acconti versati fino ad allora (15mila euro di bonus “nominale”, ceduti al prezzo di 11.700 euro).
Ora sta per finire i lavori e deve decidere come regolarsi con il saldo di 20mila euro pagato a fine gennaio 2022. Può scegliere tra due opzioni:
- usare la detrazione in dichiarazione dei redditi (bonus di 10mila euro in 10 rate da 1.000 euro ciascuna, a partire dal modello 730 o Redditi presentato nel 2023);

- cedere la detrazione a banche, assicurazioni o altri soggetti, procurandosi e pagando l’asseverazione di congruità della spesa e il visto di conformità (detraibili al 50%).

Ecobonus 65% - Cambio caldaia, sconto senza visto
In una casa monofamiliare è urgente sostituire la vecchia caldaia. Il proprietario ha individuato un’impresa disponibile a installare a metà febbraio un modello detraibile con l’ecobonus 65% facendo lo sconto in fattura: 2.100 euro da pagare su una fattura di 6mila, cui vanno aggiunti 850 euro di oneri finanziari fatturati a parte (non detraibili).
Va fatta la pratica all’Enea e il costo dev’essere congruo secondo il decreto Requisiti. Grazie alla legge di Bilancio, non serve né l’asseverazione, né il visto, perché l’importo complessivo dei lavori non supera 10mila euro (l’altra ipotesi di esonero sono i lavori in edilizia libera).
L’impresa, che si fa finanziare in anticipo, potrà poi cedere l’ecobonus di 3.900 euro a banche, assicurazioni o altri (che però non potranno fare altre cessioni).

Superbonus 110% - Obiettivo Sal 30% per cedere le rate
Sono in corso lavori agevolati dal superbonus su una villetta. Il proprietario nel 2021 ha pagato 10mila euro di acconti, senza raggiungere il Sal del 30 per cento. Prevede di arrivare a un Sal del 35% versando altri 25mila euro entro giugno, così da far scattare la proroga del 110% fino a fine 2022 (la manovra chiede infatti un Sal di almeno il 30% al 30 giugno).

Il contribuente deve usare nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2022 la prima rata di superbonus relativa alle spese 2021: 2.200 euro (1/5 di 11mila euro che sono il 110% di 10mila). Potrà cedere le 4 rate successive per un valore nominale di 8.800 euro entro il 16 marzo 2023.

Entro la stessa data potrà cedere il superbonus relativo alle spese del 2022 (compreso un eventuale altro Sal di almeno il 30% e il saldo finale).

Bonus facciate 60% - Esborso elevato anche con cessione
Un piccolo condominio con dieci condòmini vorrebbe tinteggiare la facciata usando il bonus facciate del 60 per cento. Il miglior preventivo è 30mila euro, ma l’impresa non è disponibile a fare lo sconto in fattura.
Per ora non c’è maggioranza in assemblea e cinque condòmini sono contrari: due applicano il regime forfettario (e non possono sfruttare la detrazione Irpef); altri tre non vogliono comunque spendere.
Per tentare di sbloccare la decisione, si può cercare un soggetto disposto ad acquistare il credito.
Anche con la cessione e un eventuale finanziamento rimarrà il problema di chi non vuol spendere, perché bisognerà pagare il 40% della spesa più gli oneri finanziari e i costi per asseverazione e visto di conformità (sempre necessari per il bonus facciate).

Sismabonus 85% - L’incapienza spinge a cercare acquirenti
Una famiglia è interessata ad acquistare per 150mila euro una seconda casa in campagna in un Comune in zona sismica 2. L’alloggio fa parte di un edificio demolito e ricostruito da un’impresa, con miglioramento di due classi di rischio sismico e sarà ultimato il prossimo autunno.
Il compratore ha diritto al “sismabonus acquisti” ordinario pari all’85% del prezzo risultante dal rogito, fino a 96mila euro: in questo caso, una detrazione di 81.600 euro, recuperabile in 5 rate annue di 16.320 euro a partire dal modello Redditi o 730 2023.
L’impresa non applica lo sconto in fattura. L’acquirente non ha capienza per sfruttare tutto il bonus (ha reddito di 45mila euro e altre detrazioni) e deve per forza trovare un soggetto disposto a rilevarlo. Per la cessione servirà il visto.

Superbonus 110% - Avvio complesso per i lavori pesanti
Dopo la proroga al 2025 arrivata con la manovra, un condominio vuol valutare la chance del super-ecobonus (cappotto termico, cambio caldaia e finestre negli alloggi) con installazione di un nuovo ascensore (lavoro trainato).
Per procedere correttamente, occorre partire da una diagnosi energetica indipendente e far redigere un capitolato dettagliato da un tecnico di fiducia (entrambi pagati dal condominio), per poi raccogliere i preventivi.
Avere più tempo aiuta ma ci sono due aspetti da cui dipende la sostenibilità dell’operazione:

- nel 2024 la detrazione scenderà dal 110% al 70% e poi nel 2025 al 65%;

- con lo stop alle cessioni successive alla prima non si può rinviare a un secondo momento la ricerca di un compratore per il superbonus.

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