Imposte

Bonus e aiuti legati alla dimensione dell’impresa: criteri da monitorare nei casi di società collegate

La declinazione dei parametri cambia nei casi di imprese connesse o possedute da familiari

di Stefano Vignoli

Il parametro dimensionale delle imprese è un requisito di assoluta rilevanza in vari ambiti e, in particolare, per quanto riguarda l’accesso ad agevolazioni e contributi. Si pensi alla Sabatini riservata alle Pmi, oppure alle agevolazioni Covid che soggiacciono alle regole del «Quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato a sostegno dell’economia nel contesto dell’emergenza sanitaria da Covid-19», in base alle quali è precluso l’accesso alle agevolazioni alle imprese in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019.

La disciplina si applica soltanto alle medie e grandi imprese, in quanto, in sede di terza modifica al Temporary framework è stata introdotta una deroga in favore delle micro e piccole imprese che hanno accesso alle agevolazioni anche se in difficoltà al 31 dicembre 2019.

La definizione di imprese in difficoltà è dettata dall’articolo 2, punto 18, regolamento 651/2014/Ue e varia in funzione della dimensionale aziendale. Così, la grande impresa è in difficoltà se negli ultimi due anni ha avuto:

1) il rapporto debito/patrimonio netto contabile superiore a 7,5; e

2) il quoziente di copertura degli interessi (Ebitda/interessi) inferiore a 1,0. Per le Pmi costituite da almeno tre anni sono invece previsti criteri diversi quali la perdita di oltre la metà del capitale sociale sottoscritto (per le società con responsabilità limitata) ovvero dei fondi propri (per le società con soci illimitatamente responsabili) a causa di perdite cumulate.

Ma vediamo in dettaglio quando un’impresa è considerata micro, piccola, media o grande sulla base dei parametri individuati nella raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/Ce e recepiti dal Dm Attività produttive del 18 aprile 2005. In base alla definizione del decreto, le (Pmi) sono imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera 50 milioni oppure il cui totale di bilancio annuo non supera 43 milioni.

Tra queste, è piccola impresa quella che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni, mentre è micro l’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni.

Fin qui la verifica della dimensione è relativamente semplice, mentre si complica se l’impresa risulta in qualche modo collegata ad altre. Infatti, la dimensione aziendale non va considerata stand alone, in quanto occorre sommare i dati di tutte le altre società del gruppo, anche estere, quando sussistono rapporti di controllo (collegamento secondo la definizione comunitaria) e, in caso di imprese associate (partecipazione compresa tra il 25% e il 50%), la dimensione aziendale va verificata aggiungendo i dati dell’associata in proporzione alla quota di partecipazione.

L’individuazione dei rapporti di collegamento può emergere anche tra persone fisiche e non è sempre di facile individuazione: proprio a questo fine è stata istituita, in seno al Mise, una Commissione per la determinazione della dimensione aziendale chiamata a esprimersi nei casi dubbi.

Pertanto, oltre ai casi di partecipazioni societarie che superano le soglie del 25% o 50%, il collegamento emerge anche in assenza di catene societarie; si pensi all’imprenditore che abbia due società operanti nello stesso ambito, oppure a due attività esercitate da due coniugi sullo stesso mercato o su mercati contigui: in questo caso è probabile che la dimensione aziendale vada verificata sommando la dimensione di entrambe.

Tuttavia, se la presenza di legami familiari e l’esercizio della stessa attività sono da considerare indizi sintomatici di un rapporto di collegamento, occorre comunque verificare se le imprese agiscono effettivamente di concerto. Sul punto il Mise (parere della Commissione numero 23 del 13 dicembre 2018) ha precisato che occorre in effetti analizzare concretamente le relazioni tra imprese che attestino l’esistenza di un’entità economica unica, dovendo valutare in modo complessivo non solo l’entità della partecipazione societaria dei vari soggetti, ma anche i rapporti personali ed economici, chi ricopre la carica di amministratore nelle imprese, i rapporti economici tra le imprese e come esse operano sul mercato.

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