Imposte

Bonus pubblicità solo per chi ha investito l’anno precedente

di Giorgio Gavelli

È possibile presentare domanda per la fruizione del credito d’imposta sulla pubblicità – ai sensi dell’articolo 57-bis del Dl 50/2017 – nel caso in cui l’ammontare degli investimenti agevolabili effettuati nell’anno precedente (o nel diverso periodo limitatamente al 2016) siano stati pari a zero? La risposta, per ora provvisoria e informale, pare essere negativa. L’approccio incrementale che va seguito per questo specifico credito d’imposta non sembra perfettamente sovrapponibile a quello di altri benefici del passato, per cui il dubbio si pone. Peraltro, il fatto che il modello approvato per la comunicazione di accesso sia presente on line solo in consultazione – in attesa della data di avvio, fissata per il prossimo 22 settembre – non permette di effettuare prove concrete.

Il calcolo la norma istitutiva prevede che il contributo è riconosciuto alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica anche on line e (dal 2018) anche sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, il cui valore superi almeno dell’1 per cento gli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nell’anno precedente. Il bonus è pari al 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90 per cento nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start up innovative, nel limite massimo complessivo di spesa stabilito dalle norme. L’incremento al 90% è però sospeso in attesa dell’approvazione della Commissione Ue.

Il dubbio

Normalmente i crediti d’imposta basati su una logica incrementale sono riconosciuti anche se la media di riferimento è nulla, oppure se il potenziale beneficiario si è costituito successivamente a tale periodo; in queste ipotesi, anzi, si considera una media pari a zero, per cui il beneficio è massimo. Così è stato, ad esempio, per la cosiddetta Tremonti-quater (articolo 18 del Dl 91/2014) dove la media degli investimenti in beni agevolabili omogenei realizzati nei cinque periodi d’imposta precedenti si calcolava anche se in più periodi (al limite tutti) non vi era stato alcun investimento, ed era pari a zero per le imprese in attività dal 2013 che avevano investito solo nel 2014 (circolare n. 5/E/2015). Un meccanismo analogo è previsto per il credito d’imposta ricerca e sviluppo (articolo 3 del Dl 145/2013) come emerge dalle circolari n. 5/E/2016 e 13/E/2017.

Il parere

Nel caso del bonus pubblicità, tuttavia, occorre verificare l’effetto di quanto sostenuto dal Consiglio di Stato con parere n. 1255 dello scorso 11 maggio. La presidenza del consiglio dei ministri, rispondendo a un primo rilievo dei giudici amministrativi, aveva affermato che l’eventuale soppressione della possibilità di considerare come integralmente agevolabile la spesa pubblicitaria dei soggetti che hanno iniziato l’attività nel corso dell’anno per il quale è richiesto il beneficio o che nell’anno precedente a quello per il quale il beneficio è richiesto non abbiano effettuato investimenti pubblicitari potrebbe vanificare «l’effetto di stimolo sul fatturato pubblicitario», oltre a costituire un rischio di potenziale incompatibilità del regolamento stesso con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato.

Tuttavia, il Consiglio di Stato, nel citato parere, ha ritenuto di mantenere ferme le proprie osservazioni (si veda «Il Quotidiano del Fisco» del 15 maggio scorso). A quanto si apprende dal parere, il rilievo è stato formulato nei confronti dell’articolo 3, comma 3, della bozza di decreto, il quale prevedeva, nei casi indicati, che «è considerato incrementale l’intero importo» delle spese sostenute per le attività pubblicitarie agevolate. Intero importo che, finiva, pertanto, ad essere in potenziale contrasto con la logica incrementale (75% o 90% dell’importo delle spese aggiuntive), risultando paradossalmente discriminatoria per i soggetti che già in passato avevano creduto e investito nei mezzi pubblicitari in argomento.

Il testo del Dpcm 16 maggio 2018 n. 90 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non contiene più un comma 3 all’articolo 3, per cui nulla è più disposto nei casi di specie. Del resto, il Consiglio di Stato aveva subordinato il proprio parere positivo all’accoglimento del rilievo. Allo stato attuale delle cose, non è dato sapere se la comunicazione prevista dal decreto accetterà o meno valori di riferimento della media pari a zero, e quali potrebbero essere le conseguenze di un rifiuto sia al momento di presentazione della comunicazione che in una fase successiva. È di tutta evidenza che se la risposta al quesito fosse negativa, verrebbe tagliata fuori una grossa fetta di potenziali fruitori del bonus e verrebbe indebolita molto la benefica spinta al settore che costituisce la ratio di questa misura. Creando una distinzione con le agevolazioni del passato difficilmente giustificabile.

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