Finanza

Bonus R&S, la ricerca su commissione è esclusa dalle agevolazioni

Estesa le stretta già introdotta con la legge di Bilancio 2019 che agevolava solo le attività svolte in Italia

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di Carlo Maria Andò

Tra i beneficiari del nuovo bonus ricerca e sviluppo sono esclusi i soggetti che svolgono ricerca su commissione. La legge 160/2019, legge di bilancio 2020, ha ridisegnato la disciplina del bonus R&S per il 2020, apportando rilevanti novità rispetto alla disciplina precedente con riguardo, in particolar modo, al meccanismo di calcolo, alle tipologie di spesa eleggibili e alle modalità di fruizione del credito (peraltro ora concesso entro la soglia di 3 milioni di euro).

In aggiunta alle novità di più immediata evidenza, non è certo passato inosservato che il legislatore, nel definire i soggetti beneficiari del nuovo bonus, non ha riproposto la disposizione contenuta al comma 1-bis, dell’art. 3 del Dl 145/2013, che estendeva l’applicazione del vecchio bonus R&S anche alla ricerca svolta da imprese italiane in base a contratti di committenza con imprese estere.
È sorto così il dubbio, tra gli operatori, se la ricerca su commissione dovesse ritenersi ancora inclusa tra le fattispecie agevolate o se, invece, l’assenza di una previsione esplicita dovesse far propendere per la sua esclusione.
Ora, infatti, il nuovo bonus R&S, nel definire la platea dei soggetti beneficiari, fa solo generico riferimento alle imprese «che effettuano investimenti in una delle attività ammissibili», ricalcando sostanzialmente la medesima previsione contenuta nella previgente disciplina, prima che venisse introdotta l’estensione ai soggetti commissionari col comma 1-bis.

Torna utile, a questo punto, riprendere quanto indicato a suo tempo dall’agenzia delle entrate nella circolare 5/E/2016 a commento della vecchia norma. In quell’occasione, venne chiarito che con l’espressione «soggetti investitori», quali unici beneficiari dell’agevolazione, si dovesse fare riferimento a coloro che svolgono direttamente le attività di R&S o che, in alternativa, le commissionano a terzi tramite appositi contratti. Pertanto, identificando come presupposto fondamentale in capo all’impresa beneficiaria l’effettivo sostenimento dei costi connessi all’attività di ricerca, si evidenziò come il credito non spettasse alle imprese che svolgevano attività di ricerca su commissione di terzi, in quanto, per via del riaddebito dei costi, il relativo onere veniva in realtà spostato in capo al committente.

Stando così le cose, sembrerebbe proprio che, nel silenzio del legislatore, la ricerca su commissione non risulti più essere agevolabile – come peraltro pare confermare la relazione illustrativa al Ddl Bilancio 2020 – con buona pace di tutte quelle imprese italiane committenti che avevano confidato nell’applicazione del vecchio bonus sino al 2020 e nella proroga dello stesso secondo le vecchie regole.
Un passo indietro sicuramente rispetto alla vecchia disciplina, ma che pare coerente con la strada intrapresa dal legislatore con la norma di interpretazione autentica, contenuta nel comma 72 della legge di Bilancio 2019, che aveva circoscritto la portata del vecchio bonus in capo ai commissionari residenti.
Tale norma, infatti, limitando l’agevolazione alle attività di ricerca svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato, aveva già di fatto colpito considerevolmente la ricerca commissionata, senza peraltro che ad essa seguissero chiarimenti ufficiali che contribuissero a definirne esaustivamente i contorni e i risvolti applicativi.

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