Controlli e liti

Bonus R&S, verifiche con requisiti più severi

Si intensificano gli accertamenti delle Entrate sul credito in relazione ad attività svolte negli anni scorsi

di Riccardo Giorgetti e Alessandro Mastromatteo

Crediti per ricerca e sviluppo sotto la lente di controllo da parte degli uffici delle Entrate. A causa di una normativa alquanto farraginosa almeno fino al 2018, i punti maggiormente critici emersi durante i controlli riguardano tre aspetti:

l’eleggibilità della ricerca e sviluppo effettuata ai fini del riconoscimento del credito;

la verifica e il reperimento della documentazione richiesta dall’ufficio;

la sanzione da applicare in caso di errori nella individuazione del credito o sul calcolo dello stesso (si veda l’articolo sotto).

Le contestazioni sull’attività

Nel caso dei progetti rientranti nel calcolo del credito d’imposta, le attività ammissibili devono ricadere in quelle annoverabili alla “ricerca fondamentale”, alla “ricerca industriale” o allo “sviluppo sperimentale” secondo i criteri definiti dal manuale di Frascati e altri riferimenti di livello sovranazionale.

La prima caratteristica necessaria è la “novità” del progetto in quanto la R&S deve portare a risultati nuovi per le imprese e non già in diffusione nel settore di appartenenza. Inoltre, l’attività deve essere “creativa”. Infine, deve essere “incerta” nei risultati raggiungibili.

Un particolare aspetto della ricerca è rappresentato dalle attività tese al miglioramento dei processi produttivi. La circolare 5/E/2016 aveva sottolineato che non rilevano le modifiche ordinarie e periodiche, mentre risultano agevolabili quelle che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi alle tecniche di produzione. Tuttavia, con la risoluzione 40/E/2019 le Entrate sono nuovamente intervenute sulla questione sottolineando che l’innovazione di processo è agevolabile solo se il miglioramento significativo scaturisce dall’impiego di conoscenze nuove per il settore di riferimento.

Da ciò è facile comprendere la difficoltà da parte delle imprese di riuscire a inquadrare con precisione la tipologia di ricerca e sviluppo svolta anche in considerazione delle continue precisazioni, non sempre coerenti, fornite dalla prassi a distanza di anni.

Quanto ai controlli, sull’eleggibilità delle attività svolte il decreto del ministero delle Finanze del 27 maggio 2015 ha previsto che per eventuali valutazioni di carattere tecnico l’ufficio possa richiedere al Mise un parere. Sul punto, si ritiene tale passaggio dovuto - o comunque caldamente consigliabile - in tutti i casi in cui vi siano delle contestazioni circa la natura della attività.

Quanto alle imprese, invece, solo a decorrere dal 2018 è stata prevista, tra i documenti obbligatori, la relazione tecnica con cui illustrare le attività, i contenuti e le finalità delle operazioni realizzate. Ne discende comunque l’opportunità che tale relazione sia predisposta, ex post, anche per i periodi precedenti ed eventualmente per il triennio preso a base per la media. In questo modo, infatti, il Mise potrà avere tutti i dati per valutare con attenzione i progetti attuati. Nel caso di richiesta del parere tecnico sarebbe da valutare anche l’opportunità di estendere la valutazione alle attività rientranti nella media 2012-2014 in quanto anche queste devono rispondere ai medesimi requisiti previsti per il credito d’imposta.

Gli oneri documentali

Un altro aspetto problematico riguarda l’individuazione degli oneri documentali da fornire per le operazioni di verifica. La normativa ha previsto l’obbligo da parte delle imprese di tenere tutta la documentazione utile a dimostrare l’ammissibilità e l’effettività delle spese e, al riguardo il decreto attuativo del 2015 ha esplicitato, tra l’altro, con riferimento alle spese del personale, che tale obbligo si realizzava attraverso la predisposizione di fogli di presenza nominativi riportanti per ogni giorno le ore impiegate nella ricerca. I fogli devono essere firmati dal legale rappresentante o dal responsabile R&S.

Solo dal 2018 è stato introdotto l’obbligo della relazione tecnica e della certificazione dei costi per tutti i soggetti. La circolare 5/E/2016 ha specificato, richiamando il decreto attuativo, che l’attività di controllo deve essere svolta «sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata». Ne discende che l’impresa ha l’obbligo di fornire tale documentazione e su questa l’ufficio deve basare l’accertamento.

La richiesta di altre prove

Ciò non significa che non possano essere richieste altre prove, anche di tipo extracontabile, ma al solo fine di validare il controllo effettuato. Prove quindi a supporto che non possono mai divenire, in caso di mancanza o incompletezza, l’elemento principale per disconoscere l'agevolazione.

Laddove gli oneri documentali previsti e forniti siano in linea con la normativa e la prassi, deve ricadere sull’ufficio l’onere di provare che le attestazioni prodotte non siano corrispondenti alla realtà.

I punti controversi nei controlli

1. L’innovazione
A partire dal 2019 il Mise ha specificato che, per potersi avere ricerca e sviluppo agevolabile, occorre che il miglioramento di processo, oltre ad essere significativo, deve scaturire dall’impiego di conoscenze nuove per il settore di appartenenza. Per tali ragioni si ritiene doveroso il ricorso al parere del Mise per qualsiasi contestazione riguardante la natura della R&S agevolata.

2. Gli oneri documentali
Per l’Agenzia l’attività di controllo deve essere svolta «sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata». Eventuali altre prove richieste (contabile o extracontabile) servono per avvalorare l’effettività dell’attività svolta attestata dalla documentazione obbligataria. Per eventuali contestazioni inerenti la veridicità dei rendiconti forniti l’onere della prova è a carico dell'ufficio.

3. Il credito inesistente
Si ha credito non spettante per l’uso di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistente in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste. Si ricade, invece, nel credito inesistente per il credito per il quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli automatizzati.

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