Canoni d’affitto non incassati: la soluzione non passa per la risoluzione retroattiva
È destino che il rapporto tra Irpef e canoni di locazioni immobiliare non percepiti sia alquanto burrascoso. Secondo una recente sentenza di Cassazione (348/2019) le parti non possono risolvere consensualmente un contratto in parte inadempiuto con efficacia fiscale retroattiva, essendo tale retroattività non opponibile al Fisco. E forse è giusto così, perché la “scorciatoia” sembra, in effetti, troppo semplice.
Per contestualizzare il caso, va ricordato che l’articolo 26 del Tuir prevede una deroga importante alla normale regola che governa l’imposizione dei redditi dei soggetti “privati” (ossia la tassazione “per cassa”), stabilendo che i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo del proprietario (o titolare di diritto reale sull’immobile) «indipendentemente dalla percezione», a meno che (ma solo per gli immobili abitativi) non intervenga la conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
La Corte costituzionale (sentenza 362/2000) ha “salvato” il principio, precisandone però che esso opera solo fin quando è in vita il contratto di locazione e cessa nel momento in cui si verifica una qualsiasi causa di risoluzione (articoli 1453 e successivi del Codice civile). Da lì in poi, infatti, il credito del locatore ha natura risarcitoria e per il relativo reddito (indennità di occupazione) si ritorna alla regola generale della tassazione “per cassa”.
Nel caso esaminato ora dalla Cassazione due persone fisiche, comproprietarie di un immobile commerciale lo locavano nel 2000 ad una Srl, la quale non versava mai alcun canone. Nel 2006 l’Agenzia notificava ai proprietari un avviso di accertamento per il recupero delle imposte sui redditi rappresentati dai canoni, a cui i due contribuenti “rispondevano” (oltre che instaurando il contenzioso) portando alla registrazione un atto di risoluzione consensuale della locazione con effetto retroattivo al giorno di stipula del contratto.
Sia le commissioni di merito che la Cassazione si sono però espressi negativamente. La Suprema corte, in particolare, cita l’articolo 1458 del Codice civile, secondo cui nei contratti a esecuzione continuata o periodica – come la locazione – la risoluzione non si estende alla prestazione già eseguite, per cui, con riferimento ad esse, non viene meno l’obbligo al pagamento del canone. Salvo che non risulti la inequivoca volontà delle parti in senso contrario. Ma anche in questa ipotesi, conclude la Corte, ai sensi dell’articolo 1372 del Codice civile, la retroattività «non può avere alcuna rilevanza nei confronti dei terzi ed a maggior ragione quindi, nei confronti dell’Erario, non potendo, in particolare, pregiudicare la legittima pretesa impositiva medio tempore maturata per effetto di patti sopravvenuti tra le parti». Si tratta di un principio oramai consolidato (pronunce 29745/2008, 4366/2011, 9445/2014), per cui meglio non “provarci” nuovamente, a maggior ragione se, come nel caso di specie, i due comproprietari sono anche soci della Srl inadempiente.