Imposte

Carried interest: è il rischio sul capitale a definire la tassazione

di Marco Piazza e Chiara Resnati

Il legislatore ha finalmente chiarito quando i proventi degli strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati debbano essere tassati come redditi di capitale e quando come dei redditi da lavoro dipendente.

Il concetto di carried interest non ha alcuna definizione legislativa e deriva esclusivamente dalla prassi. Con tale termine si fa generalmente riferimento all'incentivo, derivante dalla sottoscrizione di alcuni strumenti finanziari, che consiste in una partecipazione agli utili più che proporzionale (e superiore a quella degli altri investitori) generalmente a fronte dell'assenza di diritti amministrativi, dell'esistenza di temporanei vincoli alla trasferibilità e della postergazione nella distribuzione degli utili. In altri termini si tratta di incentivi rivolti ai manager e ai dipendenti che assumono rilevanza concreta solo nel momento in cui i risultati economici delle società, in cui gli stessi lavorano, superino determinate soglie.

La differente qualificazione di tali proventi, infatti, comporta conseguenze in termini di carico fiscale piuttosto rilevanti considerato che, mentre i proventi finanziari godono di una tassazione sostitutiva (attualmente pari al 26%), i redditi da lavoro dipendente o assimilati sono soggetti a tassazione ordinaria progressiva Irpef (quindi, generalmente, scontano l'aliquota Irpef marginale del 43%).

Le situazioni cui la norma fa riferimento sono quelle tipiche del settore del private equity in cui è tutt'altro che infrequente che i manager di società, enti o Organismi di investimento collettivo del Risparmio (Oicr) investano (direttamente o tramite veicoli dedicati) in azioni, quote o altri strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati delle medesime società, enti ovvero Oicr.

Il duplice ruolo rivestito dal manager, vale a dire di amministratore o dipendente (e quindi titolare di reddito di lavoro dipendente o assimilato o autonomo, qualora le relative funzioni siano riconducibili all'eventuale esercizio della professione) e di azionista/quotista delle società o enti di cui è amministratore o dipendente – o di società ad esse collegate –, ha destato tra gli operatori incertezze in ordine alla qualificazione reddituale dei proventi derivanti da strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati.

L'articolo 60 del Dl 50/2017 chiarisce che, al verificarsi di determinate condizioni, i proventi derivanti dagli strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati percepiti da manager e dipendenti devono essere qualificati come redditi di capitale o diversi, in quanto si configurano come una forma di remunerazione della partecipazione al capitale di rischio.

La scelta del Legislatore di ricondurre tali proventi nell'alveo dei redditi di capitale o diversi non era affatto scontata, considerata l'onnicomprensività della definizione di redditi di lavoro dipendete (o ad essi assimilati) data dallo stesso Tuir.

A sei mesi di distanza dall'entrata in vigore dell'articolo 60 del Dl 50/2017, l'agenzia delle Entrate è intervenuta con la circolare 25/E del 2017 per fornire primi chiarimenti necessari per l'operatività della norma, andando ad analizzare in modo più approfondito e puntuale i requisiti soggettivi richiesti dalla norma nonché la decorrenza delle nuove disposizioni.

Per approfondire: Chiara Resnati, «Carried interest: il rischio sul capitale qualifica la tipologia di reddito» , in Norme & Tributi Mese n. 2, 6 febbraio 2018.

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