Carried interest ai manager tassati come redditi di capitale anche senza il possesso minimo
Le risposte a interpello 435 e 436 valorizzano l’impegno di investimento effettivo nel calcolo dell’1% del patrimonio
Se gli strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati sottoscritti dai manager della società di gestione del risparmio hanno le stesse caratteristiche di quelli sottoscritti da altri investitori qualificati, e sono presenti le altre caratteristiche che consentono di presumere che i relativi redditi siano di capitale e non di lavoro dipendente consentono di escludere che i proventi costituiscano retribuzione costituendo, invece, redditi di capitale. Ciò anche nel caso in cui l’ammontare degli importi investiti dai manager, pur non raggiungendo l’1% del capitale del fondo e quindi non trovi applicazione la presunzione di legge di cui all’articolo 60 del Dl 50 del 2017.
Nel caso in cui i manager abbiano dapprima sottoscritto azioni ordinarie e poi strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati, per calcolare la soglia minima d’investimento dell’1% del patrimonio dell’ente, al denominatore del rapporto si deve porre il valore corrente del patrimonio alla data della sottoscrizione degli strumenti partecipativi e al numeratore l’esborso effettivo che i manager si sono impegnati ad effettuare, il che comporti che i due termini del rapporto possono non essere omogenei.
Due risposte dell’Agenzia delle entrate (rispettivamente, la 435 e la 436) completano la notevole prassi che nel tempo si è formata sul tema dei carried interest.
L’articolo 60 del Dl 50 del 2017 ha stabilito alcuni requisiti minimi che le azioni, quote o altri strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati sottoscritti da manager e amministratori devono avere affinché sia dimostrato un allineamento fra i manager stessi e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell’investimento e di rischio di perdita del capitale investito, e di conseguenza sia presunto per legge che i relativi proventi costituiscano reddito di capitale. In sintesi, si tratta dei seguenti requisiti:
a)che l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e amministratori comporti un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato;
b) la postergazione del riconoscimento del carried rispetto all’hurdle rate.
c) la detenzione dell’investimenti per un periodo minimo di cinque anni.
La carenza di uno d questi requisiti non comporta che i proventi dello strumento finanziario a diritti rafforzati sia sempre qualificato come remunerazione; possono esserci ulteriori indicatori che dimostrino, in altro modo, il richiesto allineamento di interesse fra manager e investitori.
La risposta 435 riguarda uno dei presupposti per l’applicazione della presunzione di legge, ossia l’investimento minimo. L’Agenzia ritiene che stante il tenore letterale della norma, il parametro di commisurazione dell’entità dell’investimento minimo non possa prescindere da una valutazione degli importi effettivamente pagati dai manager che partecipano al piano di incentivazione. Nel caso esposto nel quesito si è verificato che, nel momento in cui è stato attuato il piano di incentivazione con emissione di strumenti partecipativi con diritti rafforzati, il valore del patrimonio della società era aumentato rispetto al precedente momento in cui i manager avevano sottoscritto un certo ammontare di azioni ordinarie. Per rendere omogeneo il numeratore e il denominatore del rapporto si dovrebbe assumere il precedente investimento in azioni ordinarie al valore corrente alla data di avvio del piano di incentivazione, ma questa soluzione non è stata considerata ammissibile a causa del fatto che la norma fa esplicito riferimento alla necessità che l’impegno d’investimento comporti un “esborso effettivo” nella misura minima dell’1%.
La risposta 346, invece, riguarda un caso in cui non era applicabile la presunzione assoluta di cui all’articolo 60, per mancanza del requisito di investimento minimo, pur in presenza degli altri presupposti. con l’effetto che la valutazione sulla natura del provento doveva essere effettuata verificando in concreto le caratteristiche del piano di incentivazione.
La risposta è particolarmente interessante perché riguarda un caso in cui la stessa tipologia di strumenti con diritti patrimoniali rafforzati era stata sottoscritta non solo dai manager, ma anche da una particolare categoria di investitori qualificati. Questa circostanza è stata considerata particolarmente significativa al fine di dimostrare l’allineamento di interesse fra i manager e gli investitori e quindi di qualificare i proventi degli strumenti come redditi di capitale.