Cartelle, calcolo degli interessi in «chiaro»
Le cartelle esattoriali notificate ai fini della riscossione delle imposte dichiarate ma non corrisposte, necessitano di una trasparente rappresentazione delle procedure seguite per la determinazione degli interessi addebitati, dando specifica evidenza quanto meno del tasso di interesse adottato e della sua decorrenza. Pertanto la cartella di pagamento, esattamente come ogni altro atto emanato dall’agenzia delle Entrate, rappresentando l’espressione di una richiesta impositiva, deve necessariamente contenere una adeguata motivazione e non deve risultare carente di quei fattori essenziali che garantiscono al contribuente la possibilità di verificare la correttezza della quantificazione delle somme che gli vengono addebitate e la menzionata prerogativa afferisce inevitabilmente anche agli interessi rappresentati nella cartella di pagamento. A tali conclusioni è giunta la Ctp di Isernia attraverso la sentenza n. 133/01/2017 depositata in segreteria il 14 luglio 2017. I giudici isernini hanno pertanto invalidato in parte una cartella esattoriale racchiudente iscrizioni a ruolo per Iva e Irpef, reputandola illegittima esclusivamente per porzione afferente agli interessi.
La parte ricorrente, attraverso le motivazioni del ricorso, ha infatti eccepito l’omessa indicazione delle informazioni afferenti al calcolo degli interessi contenuti nel titolo esecutivo in quanto, i richiamati costi, venivano semplicemente menzionati e attribuiti all’annualità pertinente all’omesso versamento dei tributi, circostanza riscontrabile nella stragrande maggioranza degli atti di mera riscossione, nei quali raramente vengono riprodotte sinossi proprie per la quantificazione degli interessi, limitandosi all’indicazione della disciplina in forza della quale i medesimi vengono addebitati. I giudici molisani tuttavia si sono conformati all’orientamento prevalente della giurisprudenza tributaria seguendo il quale, l’omessa evidenza delle metodologie di determinazione degli interessi, per lo meno relativamente al tasso di interesse applicato e alla sua decorrenza, rappresenta motivo di illegittimità della cartella che, tuttavia, non investe l’intero atto, ma esclusivamente la sezione afferente agli interessi medesimi. La sentenza in commento recepisce pertanto il postulato affermato dalla Corte Suprema attraverso la sentenza n. 24933/2016 secondo la quale una cartella esattoriale non preceduta da un atto di accertamento, deve necessariamente essere motivata in maniera adeguata e intellegibile, derivando tale obbligo dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 e recepiti, in ambito tributario, dall’articolo 7 della legge n. 212 del 2000 (Cassazione n. 26330 del 16 settembre 2009) in quanto, in carenza dell’indicazione del tasso e della metodologia di calcolo, i contribuenti non vengono posti nella condizione di poter verificare la correttezza della determinazione degli interessi operato dall’amministrazione finanziaria sulla base della somma reclamate a titolo di imposte.
Ctp Isernia, sentenza n. 133/01/2017