Imposte

Casa familiare, Imu a carico del genitore affidatario dei figli

I rilievi delle Finanze sulle delibere comunali a rischio illegittimità

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di Luigi Lovecchio

La casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli ricade per intero nella soggettività passiva Imu di questi. Ne consegue che sono illegittime le delibere comunali che pongono, sia pure pro quota, a carico del proprietario non affidatario il pagamento dell’imposta. Come pure sono invalide le delibere che prevedono limiti di carattere soggettivo o oggettivo all’assimilazione legale all’abitazione principale della medesima casa familiare (ad esempio, imponendo la residenza anagrafica al genitore assegnatario). Il comune inoltre non può adottare forme di assimilazione all’abitazione principale diverse da quelle previste per legge, poiché la materia delle agevolazioni è riservata al legislatore statale. D’altro canto, nelle limitate ipotesi in cui tale assimilazione è ammessa la delibera non può introdurre variazioni rispetto alla fattispecie tipizzata.

Sono alcune delle indicazioni del dipartimento delle Finanze rivenienti dall’esame delle delibere comunali in materia di Imu con le quali il Mef segnala le più frequenti ipotesi di clausole non conformi a legge, auspicandone la rimozione in via di autotutela.

Con riferimento alla nozione di abitazione principale, si ricorda che, a legislazione vigente, è assimilata ad essa la casa familiare assegnata in sede di separazione o divorzio, con affidamento dei figli al genitore assegnatario. In tale eventualità, inoltre, l’assegnatario è considerato titolare del diritto di abitazione, divenendo così l’unico soggetto passivo Imu. In proposito, le Finanze ribadiscono in primo luogo che l’individuazione della casa familiare rientra nella competenza esclusiva del giudice. Su di essa, dunque, il comune non ha alcun potere di intervento. Ne deriva che non sono ammesse delibere che escludano l’assimilazione laddove la casa sia in proprietà di terzi (ad esempio, casa dei genitori detenuta in comodato). Inoltre, per i motivi suddetti, l’ente locale non può disporre l’assoggettamento a tassazione dell’immobile assegnato, per la quota nella titolarità di soggetti diversi dall’assegnatario. Né è legittimo condizionare l’assimilazione ai requisiti della residenza e della dimora, in quanto non contemplati nella norma. In conclusione, il Mef osserva che l’unica modifica recata in materia dalla riforma della legge di bilancio 2020 riguarda il riferimento al “genitore” affidatario, in luogo del “coniuge” affidatario, così includendo anche le coppie di fatto.

Con riferimento al potere di assimilare all’abitazione principale la casa in proprietà di anziani o disabili residenti in istituti di ricovero, il Dipartimento contesta la delibera che limiti l’esenzione all’immobile che prima del ricovero costituiva l’abitazione principale dell’anziano o disabile nonché quella che disponga la causa ostativa dello stato di comodato (e non solo di locazione) dell’unità. Secondo il Mef, infatti, il comune ha solo la scelta se adottare o meno l’equiparazione, ma non può introdurre variazioni rispetto al dettato legislativo.

Sempre in tema di abitazione principale, il documento di prassi rileva l’illegittimità delle delibere che prevedono l’assimilazione ad essa delle unità concesse in comodato gratuito a parenti. Per tali casistiche compete infatti solo la riduzione a metà dell’imponibile, in presenza di tutti i requisiti di legge.

Ugualmente, non è corretta l’assimilazione all’abitazione principale degli immobili degli Iacp. A questi, spetta unicamente la detrazione d’imposta o, nel rispetto dei criteri prescritti, l’esenzione degli alloggi sociali.

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