Controlli e liti

Cassaforte, decisiva l’opposizione

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di Giorgio Gavelli e Renato Sebastianelli

L’autorizzazione del magistrato all’apertura di una cassaforte conservata presso la sede della società non è necessaria, se il contribuente assiste senza formulare alcuna contestazione specifica in sede di dichiarazione resa durante la verifica. È quanto afferma la Ctr delle Marche nella sentenza 564/1/2016 (presidente Di Murro, relatore Daniele).

I giudici anconetani confermano, a favore dell’amministrazione finanziaria, la sentenza di primo grado della Ctp di Pesaro (88/3/2011) che aveva considerato legittimo un accertamento derivante da una verifica fiscale nel corso della quale era stata aperta una cassaforte in assenza dell’autorizzazione del procuratore della Repubblica o, comunque, dell’autorità giudiziaria, come prescritta dall’articolo 52, comma 3, del Dpr 633/1972, richiamato dall’articolo 33 del Dpr 600/1973.

Dalla documentazione bancaria rinvenuta nella cassaforte era emersa la mancata fatturazione di una parte delle vendite in diversi periodi d’imposta. La decisione viene motivata con l’assenza, nell’accesso in questione, del carattere di “coattività” che deve contraddistinguere l’apertura della cassaforte affinché scatti l’obbligo di autorizzazione richiesto dalla legge.

Nello specifico, i giudici di merito richiamano espressamente il principio giurisprudenziale (Cassazione 3204/2015) secondo cui la collaborazione del contribuente all’attività di ricerca, rilevabile non solo in presenza di comportamenti attivi, ma anche in assenza di manifestazioni di contraria volontà, rende legittima l’apertura di casseforti (o di pieghi sigillati, borse, mobili, ripostigli e simili) anche in assenza dell’autorizzazione del magistrato.

In sostanza, se il contribuente rende accessibile la documentazione presente in cassaforte senza un atto forzoso da parte dei verificatori, la mancata autorizzazione non inficia in alcun modo il successivo avviso di accertamento.

Il verbale

Il principio appare abbastanza radicato nella giurisprudenza di legittimità (sentenze 9565/2007 e 20824/2005).

Emergono, dunque, ancora una volta la criticità e la delicatezza della fase di verbalizzazione ai fini dell’esame da parte del giudice tributario dei fatti accaduti durante la verifica. Per poter riscontrare la collaborazione del contribuente appare, comunque, rilevante che il suo comportamento sia spontaneo e non conseguenza di una situazione d’inferiorità psicologica che lo induca ad adempiere alla richiesta di apertura contro la sua volontà.

A fronte di un eventuale rifiuto del contribuente, al contrario, i funzionari incaricati della verifica devono sigillare la cassaforte in attesa dell’autorizzazione del magistrato, come indicato dalla stessa Guardia di Finanza (circolare 1/2008).

Le garanzie

A prescindere dal comportamento del contribuente, preme comunque ricordare che è sempre necessaria l’autorizzazione scritta rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono i verificatori, in quanto presupposto di qualsiasi accesso disciplinato dall’articolo 52 del Dpr 633/1972.

Allo stesso modo, inoltre, sono sempre invocabili le garanzie riconosciute al soggetto sottoposto a verifiche fiscali dall’articolo 12 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000). Tra questi, il diritto del contribuente di essere informato delle ragioni della verifica e dell’oggetto che la riguarda, e la facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato.

Ctr Marche 564/1/2016

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