Controlli e liti

Cassazione: prevenzione antimafia con misure più tassative

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di Giovanni Negri

Le ultime modifiche al Codice antimafia vanno nel segno di una maggiore precisione e prevedibilità. Lo sottolinea al Corte di cassazione, con la relazione n. 15 del 2018 , dedicata alla materia in una chiave di attenzione particolare alla disciplina comunitaria.

La Corte così, nell’ambito di un ampio approfondimento sulla più recente giurisprudenza su un tema assai delicato, fa anche il punto sulle ultime novità normative che hanno interessato la categoria della pericolosità sociale.

Due gli interventi, in particolare, entrambi accomunati da una costruzione più tassativa del sistema della prevenzione. Innanzitutto l’articolo 15 del decreto legge 15 del 2017, con il quale il legislatore è intervento nella determinazione degli elementi di fatto da considerare nel giudizio di prevenzione, facendo riferimento a precisi comportamenti come le ripetute violazioni del foglio di via obbligatorio e dei divieti di frequentazione di determinati luoghi.

Sono poi state estese, con le modifiche al Codice antimafia introdotte dalla legge 161 del 2017, le categorie di pericolosità qualificata, prevedendo che vi possano essere comprese anche gli indiziati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie di reati contro la pubblica amministrazione, dal peculato alla corruzione, alla concussione, alla malaversazione. Introduzione che è stata oggetto di contestazioni, ammette la Corte, soprattutto per i possibili risvolti negativi sul sistema economico per l’ampliamento della platea dei destinatari.

E tuttavia, tra le prime interpretazioni da parte della dottrina, si segnala che l’intervento legislativo è in linea con le censure mosse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. La nuova disciplina infatti delineando con precisione le condotte da reato rilevanti, rende assolutamente prevedibile l’applicazione di misure di prevenzione nei confronti dei consociati. Aspetti problematici restano però sul versante degli indiziati dei reati di violenza sportiva e atti persecutori, per la difficile identificazione di un collegamento tra il bene o i patrimoni oggetto della misura di sequestro o confisca e la specifica tipologia del delitto.

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