Imposte

Cessione dei crediti da Dta, il valore non deve essere inferiore al nominale

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di Giuseppe Carucci e Barbara Zanardi

Il credito fiscale derivante dalla conversione delle attività per imposte anticipate (cosiddetto Dta, deferred tax asset) chiesto a rimborso dall’impresa in capo alla quale è sorto non può essere ceduto a terzi per un valore inferiore al valore nominale. È questa la conclusione cui è giunta l’agenzia e Entrate in risposta a un interpello non pubblico.

La società istante ha chiesto di chiarire a quali, eventuali, condizioni e limiti debba essere subordinata la cessione dei crediti da Dta con particolare riferimento alla possibilità che il relativo prezzo sia liberamente determinato dalle parti anche in misura inferiore al valore nominale del credito ceduto.

In particolare, l’acquisto di tali crediti d’imposta, effettuato ai sensi dell’articolo 43-bis del Dpr 602/1973, presuppone la preventiva richiesta a rimborso di tali crediti da parte delle imprese cedenti.

Il quadro normativo
di riferimento

Una delle tre modalità alternative di fruizione dei crediti d'imposta da Dta, prevista dall’articolo 2, comma 57, del Dl 225/2010, è la sua cessione, per un prezzo pari al suo valore nominale, ai sensi articolo 43-ter del Dpr 602/1973. In particolare, il citato articolo 2 dispone, con riferimento alla cessione infragruppo dei crediti fiscali, che essa debba avvenire per un prezzo pari al loro valore nominale, mentre nulla stabilisce per il diverso caso in cui l'impresa in capo alla quale il credito fiscale è sorto lo chieda a rimborso e, successivamente, lo ceda a terzi ai sensi dell’articolo 43-bis del Dpr 602/1973.

Secondo la società istante l'assenza di disposizioni sul punto farebbe ritenere che l’acquisto da terzi del credito da Dta, previamente chiesto a rimborso, possa avvenire anche per un prezzo inferiore al loro valore nominale.

Il dubbio interpretativo
alla base dell'interpello

La correttezza di tale conclusione è, tuttavia, messa in dubbio da un passaggio contenuto al paragrafo 3 della circolare 37/2012 dell’agenzia delle Entrate in cui viene affermato che il soggetto (cessionario) cui l'impresa in capo alla quale il credito da Dta è sorto lo ha ceduto ai sensi dell'articolo 43-ter del Dpr 602/1973 può cedere il credito d’imposta ricevuto senza il vincolo del valore nominale.

In particolare, secondo una interpretazione di alcuni - citata ma non condivisa dalla società istante - il chiarimento dell'amministrazione finanziaria, essendo rivolto al cessionario che chiede a rimborso il credito d'imposta trasferitogli ai sensi dell'articolo 43-ter del Dpr 602/1973 , e che poi lo ricede a terzi, ai sensi dell’articolo 43-bis del Dpr 602/1973, indirettamente, confermerebbe che, al contrario, per l'impresa in capo alla quale il credito d'imposta è sorto, il divieto di cessione per un prezzo inferiore al valore nominale sussista, oltre che per le cessioni infragruppo, anche per quelle effettuate a terzi, previa richiesta di rimborso del credito.

La risposta all'interpello e il richiamo alla circolare 37/2012

Secondo l’agenzia delle Entrate, al contrario di quanto sostenuto dal contribuente istante, pur in assenza di una disposizione limitativa analoga a quella esistente per le cessioni infragruppo, in analogia con quanto espressamente disposto per queste ultime, l'acquisto da parte del terzo, ai sensi dell’articolo 43-bis del Dpr 602/1973, del credito Dta, previamente richiesto a rimborso, può avvenire esclusivamente al valore nominale.

E ciò, secondo l’Agenzia, citando la circolare 37/2012, al fine di garantire il rispetto delle condizioni dettate dalla normativa prudenziale di vigilanza delle banche degli intermediari finanziari.

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