Imposte

Cessione crediti, tutti i casi di responsabilità per i terzi

Limitato a dolo e colpa grave il coinvolgimento del cessionario dei crediti fiscali. In alternativa come funziona l’utilizzo quale “moneta fiscale”

di Stefano Vignoli

Il decreto Aiuti quater ha introdotto, in sede di conversione, la possibilità di rateizzare i crediti di imposta non ancora utilizzati del superbonus in dieci annualità in luogo delle originarie quattro o cinque rate.

È indubbio che la novità sia positiva in quanto permette di sfruttare una maggiore capienza fiscale dei contribuenti ma pare insufficiente a risolvere il problema del recupero dei crediti che risultano peraltro in costante incremento (l’ultima conferma proviene dal Bollettino Enea al 31 dicembre 2022) e che incontrano serie difficoltà di smobilizzo considerato il blocco delle cessioni da parte delle banche. Per questo motivo molti contribuenti valutano di utilizzare la “cessione libera” per recuperare il credito di imposta trasferendo il credito a familiari o soggetti correlati e, in altri casi, cercando di utilizzarli anche alla stregua di “moneta fiscale”.

Il quadro

Ma procediamo con ordine partendo dalla normativa che è regolata dall’ articolo 121 del Dl 34/2020 oggetto di numerose modifiche che ne hanno progressivamente ampliato la portata. Nell’ attuale versione la norma prevede, in favore dei soggetti che sostengono spese per interventi edilizi nel periodo 2020-2024, in alternativa alla detrazione, lo sconto in fattura del credito da parte del fornitore, oppure la cessione a un soggetto terzo con ulteriori facoltà di cessioni ad operatori finanziari.

La norma costituisce un notevole incentivo al trasferimento del credito: mentre il contribuente che ha eseguito i lavori può soltanto detrarre la quota annuale del bonus in dichiarazione con il rischio di perderla quando l’ Irpef o l ’Ires risultano incapienti e non può utilizzarla per compensare altri tributi (ad esempio , l’Imu), il fornitore o il terzo a cui il credito viene trasferito ha ampia possibilità di utilizzo che, in base al comma 3 dell’ articolo 121, avviene in compensazione ai sensi dell’ articolo 17 del Dlgs 241/1997, con il solo vincolo che la quota annuale del credito di imposta inutilizzata non può essere recuperata. Si pensi al forfettario che dispone solo del reddito soggetto a imposta sostitutiva e che, se non trasferisce il bonus, perde il beneficio. L’indisponibilità delle banche e dei fornitori del settore edilizio a ricevere tali crediti sta inducendo numerosi soggetti a trovare soluzioni alternative.

La moneta fiscale

In quest’ ottica alcuni contribuenti stanno verificando la possibilità di acquistare beni o servizi da altri fornitori con capienza per utilizzare il credito: si pensi al contribuente privo di reddito (o, comunque, di reddito imponibile Irpef quale il forfettario) che intenda acquistare un’ autovettura e che sia interessato a proporre il bonus edilizio come “moneta fiscale” al proprio concessionario. Come recentemente sottolineato anche in ambito governativo, i bonus non sono moneta fiscale e quindi non si tratta di un mezzo di pagamento ma di una cessione del credito distinta dalla cessione del bene, anche se è naturale immaginare che il trasferimento sia agevolato dal fornitore che ha interesse a che il proprio cliente acquisisca sufficiente liquidità per l’ acquisto del bene. Ma la soluzione di trasferire il credito ad altri viene esplorata anche dagli operatori del settore edile che si trovano a dover smaltire i crediti riconosciuti sotto forma di sconto del corrispettivo: lo sconto in fattura non “consuma” infatti la possibilità di effettuare una prima cessione libera.

Le responsabilità

Fermo restando la necessità di acquisire visti di conformità, asseverazioni e attestazioni previste dagli articoli 119 e 121 del Dl 34/2020, la principale criticità, per il terzo a cui vengono trasferiti i crediti di imposta riguarda la responsabilità. In caso di insussistenza, anche parziale dei requisiti che danno diritto alla detrazione di imposta, il recupero degli importi maggiorati di interessi e sanzioni riguarda generalmente il solo beneficiario; la responsabilità in capo al fornitore o cessionario emerge comunque nei casi di dolo o colpa grave (articolo 14 comma 1-bis 1 del Dl 50/2022 che ha modificato l ’articolo 121 comma 6 del Dl 34/2020), fermo restando la responsabilità nei casi di utilizzo irregolare o in misura maggiore del credito acquistato.

Come precisato dalla circolare 33/E/2022 le nozioni di dolo e colpa grave sono da individuare con riferimento al Dlgs 472/1997 e ai chiarimenti della circolare 180/1998 che definisce ad esempio la colpa grave in presenza di indiscutibile imperizia o negligenza per le quali «risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari» ovvero riguardo al possibile errore di diritto quando non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata.

In merito alla graduazione della colpa, la circolare 33/E evidenzia che occorre distinguere il relativo grado anche in ragione del profilo professionale in quanto «la diligenza richiesta ai fini della individuazione della colpa sarà valutata anche tenendo conto della natura dell’attività professionale o d’impresa svolta dal cessionario». Ne consegue che, pur con le oggettive difficoltà di individuazione della colpa grave, l’acquisto non ricorrente e di importo non rilevante del credito da parte del terzo che non opera in ambito finanziario (o edile) dovrebbe ricorrere in casi più limitati.

Come ulteriore ipotesi si potrebbe valutare la cessione del credito dal beneficiario alla banca e da questa al terzo correntista della stessa: in questo caso non dovrebbe mai emergere responsabilità per colpa grave dell’acquirente che acquista il credito dalla banca.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©